Il mare ha da sempre stimolato la fervida mente dei più grandi scrittori e registi; esempi sono il celeberrimo “Ventimila leghe sotto i mari” nato dalla geniale e visionaria mente di Verne, in cui il misantropo e (allerta spoiler) vendicativo capitan Nemo, alla guida del Nautilus, solca gli oceani cercando giustizia e sempre nuove avventure. Pensando al grande schermo, invece, alla parola mare non può non associarsi il capolavoro (uno dei tanti oserei dire) “Ponyo sulla scogliera” sfornato dallo studio Ghibli, fido compagno di pomeriggi magici della nostra infanzia. Eppure, l’oceano non ha solo stimolato la mente di grandi artisti, ma, grazie alla sua infinita estensione, con un orizzonte senza né inizio né fine, alla sua mai doma superficie e alla sua incalcolabile profondità, di un’oscurità così fitta da risultare inaccessibile anche ai più intensi raggi solari, ha finito per imprimersi nelle menti e nei racconti di chi il mare lo vive ogni giorno, come figlio adottivo di un habitat non suo, innaturale per la sua specie: i marinai. Un fenomeno naturale, l’onda anomala, avrebbe contribuito ad aumentare il mistero.
Grazie ai loro racconti, tramandati probabilmente nei porti in cui erano soliti attraccare per soddisfare gli istinti della propria carne, sono arrivate fino ai giorni nostri storie leggendarie, di mostri marini capaci di divorare intere flotte (il Kraken), di giganti mulinelli, trappole mortali e quasi invisibili, anche delle navi più grandi e resistenti, più sicure e indomabili. Eppure, sebbene la moltitudine di questi racconti sia frutto di pura e mera fantasia, in cui le dimensioni di normali animali e fenomeni naturali vengono irrazionalmente ingigantiti dalla paura e dall’irrazionalità, uno dei protagonisti di questi racconti è recentemente fuoriuscito dalla lista della mitologia per entrare di prepotenza nella voce scienza: l’onda anomala.
È comunque indispensabile effettuare una precisazione, per onda anomala non si intende l’onda generata da maremoti o terremoti sottomarini, quindi il ben tragicamente noto tsunami, ma un’onda che si genera in mare aperto avente delle dimensioni così grandi da essere capace di ribaltare e far sparire nel nulla anche navi di modeste dimensioni. Oltre ad una differenza puramente basata sulla nascita di queste tipologie di onde a differenziare ulteriormente le onde anomale dagli tsunami è che mentre per quest’ultimi è peculiare la loro estensione longitudinale, quindi la lunghezza, per le prime degna di nota è la loro ampiezza, ossia altezza. Un esempio visivo di può essere dato dal film “Poseidon”.
Per anni gli esperti hanno sempre ritenuto che le onde anomale fossero frutto della fervida immaginazione dei marinai che, come già accennato, possono avere la tendenza a romanzare i loro racconti, spesso distorti da condizioni che in navigazione avrebbero potuto alterare la loro percezione della realtà, come emozioni forti o scarse condizioni di visibilità. Così possono spiegarsi la maggior parte dei racconti folkloristici che circolano in rete e nel mondo.
Entrando più nel dettaglio l’anomalia risiede nelle caratteristiche spropositate rispetto a ciò che la circonda. Infatti, per altezza d’onda significativa si intende la media dell’altezza di un terzo delle onde più grandi, quindi, un’onda è anomala quando supera di 2.2 le dimensioni del treno d’onda (un treno d’onda è, almeno impropriamente parlando, un gruppo, un insieme di onde) cui appartiene. Sono proprio queste dimensioni così spropositate a renderle particolarmente pericolose anche per navi di grandi dimensioni.
Il mondo scientifico, probabilmente appannato da un telo di presunzione e fin troppo scetticismo, non ritenne veri i racconti dei pochi sopravvissuti delle navi che ebbero la sfortuna di affondare per colpa di questo fenomeno estremo. Il tutto cambiò quando, nel 1995, un’onda dall’altezza di ben 26 metri investì la piattaforma petrolifera Draupner, al largo del Mare del Nord. In questo caso le onde generate dalla tempesta in questione erano alte “solamente/appena” (si fa per dire) 12 metri.
Grazie a dispositivi di rilevamento installati a bordo della struttura il mondo scientifico venne investito da una vera e propria rivoluzione: qualcosa ritenuto da sempre impossibile, frutto solo della fantasia, era in verità reale a tutti gli effetti. Per capire la portata dell’evento immaginate di scoprire che Big Foot esiste per davvero. Scioccante.
Ovviamente, a questo iniziale smarrimento gli istituti di ricerca diedero vita ad una vera e propria indagine investigativa degna delle migliori serie poliziesche. Infatti, sebbene l’incidente del 1995 non provocò vittime, iniziò una fase di raccolta di informazioni in merito a navi misteriosamente scomparse negli anni precedenti. Per dare un esempio di quanto accadde è come se si fosse scoperta, d’improvviso e in maniera del tutto casuale, l’esistenza di un serial killer a piede libero; conseguentemente, la prima cosa da fare è quella di riprendere vecchi omicidi irrisolti alla ricerca di un filo conduttore.
Tra i vari precedenti è lecito ricordare quello della nave da crociera Michelangelo che, nel 1966, “scossa” da un’onda alta ben 25 metri. La fortuna volle che l’incidente contasse appena tre vittime, ben più considerevoli furono i danni alla costruzione della nave.
Il fato non fu altrettanto positivo per la portacontainer MS Munchen, sparita nel nulla insieme a tutto il suo equipaggio. Mancando fonti visive gli esperti dell’epoca gli esperti, grazie al rinvenimento di una scialuppa di salvataggio che sembrava recisa nel punto d’attacco, supposero che il boia della nave fu un’onda di 20 metri d’altezza. Va sottolineato che l’incontro tra una nave e un’onda anomala è un evento più unico che raro; infatti, tra il 1969 e il 1994 “solamente” 22 navi affondarono per mezzo di questo fenomeno.
Una volta trovato il fenomeno e individuati i precedenti storici non resta che capire cosa può determinarne la nascita, riuscendo così a renderne possibile la previsione, cosa che a sua volta aumenterebbe la sicurezza in mare. A seguito di studi portati avanti grazie a generatori d’onda si è visto che le onde anomale si sviluppano quando due treni d’onda, di dimensioni ridotte, si “scontrano” l’un l’altro con un certo angolo di collisione. In particolare, i ricercatori delle università di Oxford ed Edimburgo hanno ricreato l’onda di Draupner grazie ad un angolo di incontro di 120°. Questa appena esposta è la teoria della sovrapposizione delle onde.
Una seconda ipotesi di generazione delle onde prevede invece che le onde viaggino raggruppate trasmettendosi energia, cosa che può a sua volta generare un’onda anomala. Il motivo per il quale non esiste una sola teoria che possa spiegare l’insorgere di questo fenomeno è legato al fatto che la misurazione delle onde avviene o per mezzo di boe ondametriche o per mezzo di piattaforme fisse. È evidente come in entrambi i casi il tutto si limita alla sola misurazione dell’onda, cioè della sua ampiezza, nessun dato è catturato in merito a ciò che accade attorno allo strumento di misurazione.
Questo ha fatto sì che lo studio, una volta individuati i campioni statistici di interesse, passasse ai laboratori dotati di vasche navali. È evidente come in questi casi il tutto sia fortemente limitato dal fatto di svolgersi in un ambiente controllato, situazione che per forza di cose limita fortemente la veridicità dei dati, nonostante poi tutti i tentativi dei ricercatori di calare nella realtà pratica tutto ciò che hanno studiato.
Nonostante la forte incertezza che regna nello studio del mare è stata sviluppata una strumentazione, chiamato WAVEWATCH III, che individua, sulla base dei dati raccolti a intervalli orari, le zone potenzialmente pericolose, permettendo alle navi di evitarle tempestivamente.
Sebbene gli ingegneri abbiano la tendenza a semplificare il tutto per renderlo fruibile nelle occasioni e nei tempi richiesti, di diverso avviso sono i matematici, i quali hanno individuato, sfruttando la teoria delle grandi deviazioni, modelli analitici estremamente accurati per la previsione delle onde anomale. Il problema sta nel fatto che le equazioni in gioco combinano gli effetti lineari e non lineari con variabili dipendenti dallo stato di mare specifico in quel momento e, quindi, difficili da usare dai marinai in navigazione.
Proprio per questo motivo una delle soluzioni più idonee sarebbe quella di dotare le navi di strumenti di acquisizione rapida e in tempo reale delle condizioni del mare incontrato dalla nave in questione, fornendo dettagliatamente le informazioni necessarie a comprendere lo sviluppo delle onde della superficie del mare.
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