Le analisi condotte su antichi coralli presso l’università di Bristol conferma antiche emissioni di anidride carbonica nelle profondità marine. Lo studio dei cambiamenti climatici è di vitale importanza e ogni anno è sempre più perseguito dalla comunità scientifica internazionale. Non solo attraverso navi da ricerca ma anche grazie al crescente impiego di droni, la ricerca continua aggiornandosi giorno dopo giorno. La scoperta è di fondamentale importanza per comprendere i cambiamenti metereologici globali avvenuti nel corso dei millenni e l’influenza delle correnti marine sul clima.
I fossili sono da sempre una testimonianza che aiuta gli scienziati a comprendere le lontane forme di vita. L’importanza di tali reperti risiede però soprattutto nell’insieme di conclusioni indirette che è possibile trarre dalla loro analisi. Lo studio di fossili permette di conoscere l’evoluzione biologica degli esseri viventi e geologica del nostro pianeta. Sulla rivista accademica Science Advance, lo scorso 16 ottobre l’Università di Bristol pubblica la scoperta. L’università inglese sostiene di aver riscontrato elevati livelli di anidride carbonica sui resti di coralli prelevati ad elevate profondità.
Questo fatto certamente prova antiche emissioni di anidride carbonica nelle profondità marine aprendo nuovi importanti scenari di indagine. Il team di ricercatori ha infatti raccolto, con non poca difficoltà, fossili di corallo a migliaia di metri sotto il livello del mare. La sensazionale scoperta ripaga le fatiche con grande gioia dei ricercatori, tra cui Laura Robinson, docente di geochimica alla School of Earth Sciences di Bristol:
“I dati mostrano che le correnti oceaniche possono mutare rapidamente ed in maniera sorprendente, con la stessa velocità, rilasciare CO2 nell’atmosfera.”
L’aumento di anidride carbonica ha senza dubbio contribuito a porre fine all’ultima era glaciale, avvenuta circa 20.000 anni fa! Questo improvviso aumento del gas era già noto ma la sua origine ha messo in difficoltà la comunità scientifica per decenni. Attraverso analisi fingerprint geochimiche sui coralli fossili, un team internazionale di scienziati ha trovato ciò che cercava. L’aumento di CO2 è connesso a cambiamenti repentini di correnti oceaniche intorno al continente antartico. Studiando il decadimento radioattivo dell’uranio presente nei fossili è possibile stimare a che epoca appartengono i reperti.
Individuati i coralli risalenti a circa 15.000 anni fa e procedendo con ulteriori analisi, tra cui le misurazioni del radiocarbonio, si ricostruiscono gli eventi. Le conclusioni dei ricercatori sulle antiche correnti oceaniche sono coerenti e confrontabili con i cambiamenti climatici che ha subito il nostro pianeta. Il Dr. James Rae della St Andrew’s School of Earth and Environmental Sciences sostiene che l’analisi dei coralli è decisiva per studi di questo tipo:
“I coralli fungono da macchina del tempo, permettendoci di osservare i cambiamenti oceanici avvenuti migliaia di anni fa.”
L’analisi sui coralli ad elevate profondità è molto complicata ma al momento rappresenta l’unica via percorribile. Per il Dott. Tianyu Chen, le analisi su campioni a profondità intermedie sono difatti ostacolate dai cambiamenti delle correnti.
Studiosi di tutto il mondo già sospettavano comportamenti anomali delle correnti in Antartide. La scoperta delle antiche emissioni di anidride carbonica nelle profondità marine è la prova che stavano cercando. Le correnti cambiarono improvvisamente intorno al continente e rilasciare grandi quantità di CO2. Sicuramente l’Oceano australe ha avuto un ruolo da protagonista nel porre fine all’ultima era glaciale. Come abbiamo già detto, alla scoperta conseguono nuove interessanti teorie e la ricerca deve continuare. Il Dr. Andrea Burke aggiunge che ci sono tutti i presupposti per pensare che i profondi giacimenti di gas rilascino anidride carbonica nell’oceano. Il riscaldamento di questi giacimenti produrrebbe CO2 aumentandone la presenza negli oceani i quali, attraverso le correnti marine, trasferirebbero anidride carbonica all’atmosfera. Anche se la teoria sembra buona, i dati sono insufficienti per confermarla. Ancora James Rae avverte sull’importanza della salvaguardia del clima:
“Sebbene l’aumento di CO2 al termine dell’era glaciale sia stato drammatico in termini geologici, quello dovuto all’attività umana è più gravoso e rapido. La risposta del sistema climatico si prospetta spaventosa.”
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