PEWEC: prototipo nel Mediterraneo per ricavare energia dalle onde

Il PEWEC o PEndulum Wave Energy Converter è un prototipo realizzato nel Marine Offshore Renewable Energy del Politecnico di Torino Lab e successivamente è stato sviluppato grazie a una collaborazione con ENEA allo scopo di convertire energia elettrica dalle onde del mare.

Il Marine Offshore Renewable Energy del Politecnico di Torino Lab sviluppa PEWEC grazie a una collaborazione con ENEA allo scopo di...
Immagine dal sito Morenergylab.polito.it

La versione 2.0 del PEWEC punta a fornire energia elettrica alle piccole isole italiane dove la richiesta di elettricità è soddisfatta principalmente da centrali energetiche costose e inquinanti. Il prototipo si propone di convertire il moto ondoso in energia elettrica lungo le coste del Mediterraneo, ad esempio lungo la costa occidentale della Sardegna e il Canale di Sicilia, zone in cui le onde sono contraddistinte da una piccola altezza e un’alta frequenza.

Nell’ottobre 2021 un prototipo in scala 1:25 è stato testato presso la Vasca Navale dell’Università Federico II di Napoli per studiare la risposta dello scafo e degli ormeggi durante eventi estremi.

Il suddetto test può essere visualizzato in un video al seguente link

Caratteristiche e funzionamento del prototipo pewec 2.0

Il prototipo PEWEC 2.0 da 525 kW è lungo 15 metri, largo 23 metri e alto 7.5 metri, per un peso complessivo di oltre 1000 tonnellate.

Il dispositivo verrà ancorato al fondale marino per mezzo di un sistema di ormeggio a 3 linee e 3 segmenti, di cui ogni linea è composta da un ponticello e un peso a blocco. Il movimento relativo che si realizzerà tra lo scafo e il pendolo interno è dovuto al moto ondoso. L’energia cinetica ricavata da tale movimento si converte in energia elettrica dalla PTO collegata alla cerniera del pendolo.

Nel driver della PTO è implementata una legge di controllo per adattare la dinamica del pendolo alle condizioni istantanee del mare al fine di massimizzare l’energia convertita.

Il pendolo è composto da una massa oscillante cilindrica in acciaio e da un albero, che è collegato al sistema PTO attraverso un riduttore che assicura un adeguato accoppiamento tra la velocità di oscillazione del pendolo e la velocità nominale della PTO.

Lo scafo è una struttura in acciaio composta da una chiglia curva, due pareti laterali e un topping piatto. Le tre zavorre interne di sabbia assicurano la distribuzione della massa necessaria a garantire le proprietà inerziali richieste, mentre una struttura a traliccio è usata per sostenere il pendolo e l’attrezzatura elettronica.

Il Marine Offshore Renewable Energy del Politecnico di Torino Lab sviluppa PEWEC grazie a una collaborazione con ENEA allo scopo di...
Immagine dal sito Morenergylab.polito.it

Metodi considerati per migliorare l’efficienza di conversione del dispositivo

Il team di ricercatori del Politecnico di Torino Lab ha implementato una serie di codici numerici per lo sviluppo e la previsione della producibilità del PEWEC.

“Sono stati adottati codici di ottimizzazione genetica, basati sul concetto di selezione naturale darwiniana, per ridurre il costo dell’energia del dispositivo”

spiega Giuliana Mattiazzo del Politecnico di Torino, responsabile del centro ricerca MOREnergy Lab (Marine Offshore Renewable Energy Lab). Inoltre, il team di ricercatori sta studiando e valutando sia l’impiego di materiali a basso costo sia l’integrazione di pannelli fotovoltaici al fine di ridurre i costi del dispositivo e migliorarne l’efficienza di conversione.

Vantaggi derivanti dall’applicazione del pewec

“Una decina di questi dispositivi potrebbero produrre energia elettrica per un paese di 3mila abitanti, contribuendo in modo significativo a contrastare i fenomeni di inquinamento e di erosione attraverso la riduzione dell’energia delle onde che si infrangono sulla costa, senza impattare in maniera significativa su flora e fauna marine”

illustra Sannino, responsabile del Laboratorio Enea di Modellistica Climatica e Impatti.
Per di più, il dispositivo potrebbe essere implementato anche per usi industriali come nell’acquacoltura così da consentire una conversione eco-compatibile di energia in loco in una prospettiva di green fish farming.

Articolo a cura di Lucia Clara Cairella,