Nutrienti dalle rocce marine: lo dimostra l’Università di Leeds
La prestigiosa Università di Leeds nel Regno Unito mostra che gli organismi marini si cibano di nutrienti dalle rocce marine in erosione. I risultati risalgono alla fine del marzo 2021 e dimostrano come le rocce sui fondali rappresentino una ricca fonte di alimentazione per gli esseri viventi. La combinazione tra la materia organica e la circolazione di ossigeno fornisce la base della catena alimentare negli oceani.
Il ferro è tra i principali nutrienti dalle rocce marine
Il ferro è un elemento essenziale, raccomandato e presente anche nelle nostre diete. Il fitoplancton che, come sappiamo, è alla base della catena alimentare della stragrande maggioranza degli ecosistemi acquatici, si nutre di ferro. Il ferro è per questi organismi un nutriente essenziale e gli studi condotti sulle microalghe ne mostra la presenza sui fondali. Afferma Università di Leeds che il ferro è rilasciato dalle rocce nelle profondità dell’oceano.
Secondo gli studi condotti, inoltre, è l’ossigeno presente nei fondali un fondamentale protagonista del fenomeno. L’ossigeno si combina col ferro trattenendolo, permettendo così agli organismi di cibarsi dei nutrienti dalle rocce marine. Sempre l’ossigeno interagisce con la materia organica aumentando il rilascio di ferro dai sedimenti oceanici.
La Leeds’ School of Earth and Environment sprona la ricerca
Il 22 marzo 2021 viene pubblicata la ricerca sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences of the USA (PNAS). Il principale autore della ricerca è il dott. Will Homoky della Leeds’ School of Earth and Environment; a proposito del lavoro svolto così dichiara:
“I risultati ottenuti rivelano che a profondità intermedie c’è un importante fonte di ferro”.
L’importanza della scoperta è tale da influire sui futuri approcci allo studio del ciclo di carbonio negli ecosistemi marini. Sicuramente darà un grande contributo nella tutela dell’ambiente in quanto gli effetti dei processi sui fondali hanno effetti sull’ecologia marina. Ancora il dott. Will Homoky afferma che:
“Abbiamo mostrato che la degradazione dei minerali rocciosi con materia organica e ossigeno produce minuscole particelle di ferro. Queste sono abbastanza piccole da essere disciolte e trasportate nell’acqua. La traccia chimica di tali minuscole particelle spiega come il ferro trovato in gran parte dell’oceano possa provenire da sedimenti oceanici a profondità maggiori, cosa un tempo impensabile e ritenuta impossibile”.
Le particelle di ferro rilevato hanno le dimensioni del nanometro ecco perché si parla di colloidi. Per il fitoplancton, i nutrienti dalle rocce marine sono un’importante fonte di alimentazione. Ancora va ricordato che il fitoplancton è la fonte di cibo primaria per numerose creature marine e contrasta l’inquinamento. Questi piccoli microrganismi rimuovono circa un quarto dell’anidride carbonica emessa ogni anno nell’atmosfera. Il gruppo di ricerca finanziato dal Natural Environment Research Council (NERC) comprendeva anche scienziati delle università di Southampton, Liverpool, Oxford, South Florida e California meridionale. Il team ha analizzato campioncini raccolti nell’Oceano Atlantico meridionale a profondità che vanno dai 60 a 5000 km.
Il programma GEOTRACES per lo studio dei nutrienti dalle rocce marine
La collaborazione nasce con il programma internazionale GEOTRACES e continuerà a lavorare studiando i processi che regolano l’ecosistema marino. I fenomeni che regolano la presenza di ferro negli oceani del mondo ed il ruolo di questo sono l’obiettivo del gruppo. Il ferro negli oceani influenza le catene alimentari globali ed i livelli di inquinamento mondiale ecco perché non può e non deve assolutamente essere trascurato. Per il dott. Homoky queste ricerche sono significative e spianano la strada ad un nuovo modo di pensare ai fondali marini.
Altro protagonista della ricerca è il dott. Tim Conway, professore assistente presso l’Università della Florida meridionale. Egli ha spiegato che misurare piccoli campioni è importante ai fini della ricerca ed è possibile solo grazie ai progressi tecnologici. Quanto fatto era impossibile dieci anni prima: oggi è possibile tracciare il percorso dei colloidi nell’oceano. La sfida è comprendere in che modo il ferro viaggia e nutre all’interno degli ecosistemi marini. Si procederà creando dei nuovi modelli oceanici, rivalutando la vita marina e l’influenza dei fondali sui cambiamenti climatici. Occorre capire gli effetti del ferro avuti nel passato e in funzione di questo imparare ad agire per la conservazione e la gestione degli ecosistemi marini.