Storia completamente da riscrivere | L’uomo ha navigato sin dall’inizio e lo faceva in mare aperto

Mare

Mare (Canva foto) - www.marinecue.it

Una scoperta sensazionale riscrive le origini della navigazione umana, svelando abilità insospettabili di antichi popoli.

Il corso della storia umana è costellato di continue revisioni, scoperte che gettano nuova luce sul nostro passato e ci costringono a riconsiderare certezze consolidate. Archeologi ed esperti si trovano spesso di fronte a ritrovamenti che sfidano le interpretazioni precedenti, aprendo scenari inattesi sulle capacità e gli spostamenti delle antiche civiltà.

Nel cuore del Mediterraneo, una recente scoperta sta scuotendo le fondamenta della nostra comprensione delle prime interazioni umane con il mare. Evidenze inequivocabili stanno emergendo da un sito archeologico, rivelando un’abilità di navigazione in mare aperto risalente a millenni prima di quanto si pensasse, un’epoca in cui l’agricoltura non aveva ancora fatto la sua comparsa.

Questi ritrovamenti straordinari offrono uno sguardo inedito sulle competenze di comunità di cacciatori-raccoglitori vissute in un’era remota. La loro capacità di affrontare le distese marine, superando distanze considerevoli, suggerisce un’organizzazione sociale e una conoscenza dell’ambiente marittimo molto più avanzate di quanto ipotizzato finora.

Le implicazioni di questa rivoluzionaria scoperta si estendono ben oltre la semplice cronologia della navigazione, essa ci spinge a riconsiderare le dinamiche degli scambi culturali e dei collegamenti tra le prime comunità umane che popolavano le coste del Mediterraneo, aprendo nuove prospettive sulla loro mobilità e interazione.

Le incredibili prove dalla grotta di Latnija

Le testimonianze di questa sorprendente capacità di navigazione provengono dal sito archeologico di Latnija, situato nella parte settentrionale di Malta. Qui, un team di ricercatori del Max Planck Institute for Geoanthropology (MPI-GEA) di Jena e dell’Università di Malta, guidati dalla professoressa Eleanor Scerri, ha portato alla luce utensili in pietra, focolari e resti di cibo cotto risalenti a circa 8.500 anni fa.

Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature, dimostra in modo inequivocabile che gli uomini di quel lontano periodo furono in grado di attraversare almeno cento chilometri di mare aperto con delle imbarcazioni per raggiungere l’isola di Malta.

Spiaggia nera
Mare e spiaggia (Freepik Foto) – www.marinecue.it

Abitudini alimentari rivelatrici e nuove prospettive sui collegamenti mesolitici

All’interno della grotta maltese di Latnija, gli esperti hanno rinvenuto una notevole quantità di reperti e utensili, insieme a numerosi resti di cibo cucinato. Tra questi, spiccano resti di cervo nobile, un animale che si pensava estinto in quel periodo, oltre a tartarughe e grandi specie di uccelli oggi scomparse.

Questa straordinaria scoperta non solo fornisce informazioni preziose sulle abitudini alimentari di questi antichi cacciatori-raccoglitori, ma infrange le convinzioni consolidate sulle loro capacità di spostamento. La capacità di raggiungere e colonizzare un’isola come Malta, navigando in mare aperto con probabili semplici canoe, implica una conoscenza del mare e delle tecniche di navigazione molto più avanzata di quanto si credesse, aprendo nuove prospettive sulla realtà dei collegamenti tra le comunità mesolitiche in tutto il Mediterraneo.