Artico, per capire quello che è accaduto gli strumenti moderni non servono | Questo ha più di un secolo e risolverà tutto

Illustrazione di un paesaggio artico (Pixabay FOTO) - www.marinecue.it
L’Artico è uno dei posti più stremi del nostro pianeta, e i ricercatori si armano letteralmente fi strumentazione per studiarlo.
L’Artico è affascinante, ma per chi ci lavora, è un vero incubo tecnico. Le temperature estreme mandano in tilt le strumentazioni: batterie che si scaricano in fretta, schermi che si bloccano, sensori che danno dati sballati. A volte non riesci nemmeno ad accendere un computer.
Il ghiaccio è un altro nemico. Si muove, si spezza, si richiude… e spesso inghiotte sonde o strumenti lasciati in acqua. Alcuni ricercatori hanno perso mesi di lavoro perché un lastrone ha trascinato via tutto. È come lavorare su un terreno che respira e si muove da solo.
Anche la visibilità è pessima. Tra buio perenne, nebbia, e condizioni meteo che cambiano in pochi minuti, è difficile orientarsi. Droni e robot subacquei rischiano spesso di perdersi o schiantarsi. A volte sembra che l’Artico faccia di tutto per mandarti a casa.
E poi c’è la logistica: portare strumenti lì costa un’enormità, e se qualcosa si rompe… buona fortuna. Niente negozi, niente pezzi di ricambio. Sei tu, il freddo, e un sacco di attesa. Ma nonostante tutto, chi ci va dice che ne vale la pena.
Vecchio e nuovo…
Chi l’avrebbe mai detto che, per capire meglio cosa succede tra i ghiacci artici, serviva tirare fuori uno strumento vecchio di 100 anni? Eppure è proprio quello che stanno facendo un gruppo di ricercatori norvegesi. Nel bel mezzo dei fiordi ghiacciati, hanno messo insieme tecnologia da fantascienza e strumenti storici per osservare uno dei fenomeni più delicati del nostro oceano: le fioriture algali. Un po’ come usare una macchina del tempo per capire il presente.
L’idea è semplice quanto geniale: usare robot subacquei super avanzati per esplorare le acque, ma verificare i dati con una vecchia spinetta da plancton, una sorta di colino scientifico usato da più di un secolo. Insomma, il futuro che stringe la mano al passato, ma in mezzo all’Artico, dove niente è semplice e ogni misura è una sfida. E se tutto funziona, potremmo svelare segreti che stanno lì sotto da sempre, in silenzio.

Alcuni misteri nascosti
I ricercatori della NTNU, tra cui Tore Mo-Bjørkelund e Sanna Majaneva, stanno cercando di mappare le fioriture algali usando questi AUV, cioè robot subacquei autonomi, equipaggiati con sensori che captano la fluorescenza della clorofilla.
Questa fluorescenza è un indicatore chiave per capire dove si sta sviluppando il fitoplancton, il primo anello della catena alimentare marina. E sapere dove, come e quando “sboccia” è fondamentale per studiare l’equilibrio dell’ecosistema artico, sempre più fragile con il clima che cambia a vista d’occhio.