Granchio blu visto frontalmente (Depositphotos foto) - www.marinecue.it
E’ allarme nei mari italiani. La proliferazione di questo crostaceo “alieno” appare incontrollabile e i danni non risultano neppure calcolabili
I mari del Belpaese sono sempre maggiormente soggetti alla presenza invasiva del granchio blu, in grado di produrre danni incalcolabili non soltanto alle attività di acquacoltura che avvengono a largo delle coste, ma anche agli ecosistemi stessi.
Parliamo di un crostaceo originario del continente americano, che ne popola interamente le coste dall’estremo nord al profondo sud, riuscendo ad adattarsi abilmente a scenari metereologici e di temperature anche diametralmente diversi tra loro.
Oltre ciò, è in grado di stabilirsi in differenti ecosistemi presenti in tutto il mondo, dal salmastro ambiente paludale, ai corsi d’acqua dolce, dove indistintamente dalle condizioni e, per l’appunto, dalla temperatura, riesce a riprodursi in modo incontrollato.
Il Callinectes Sapidus, questo è il suo nome scientifico, presenta misure in media pari a 15 centimetri di lunghezza e 25 di larghezza. Il principale segreto dietro la sua capacità di proliferare in modo incontrollato è proprio la sua dieta, in quanto il granchio blu è solito di nutrirsi di molteplici specie animali.
E’ per questo che la sua presenza causa un repentino indebolimento e spopolamento degli ecosistemi. Tra le sue prede preferite figurano gli altri crostacei, molluschi quali cozze e vongole, pesci, soprattutto quelli appena nati, e le loro uova. Di riflesso, gli esemplari femminili di granchio blu sono in grado di deporre annualmente oltre 2 milioni di uova, assicurando la certezza di sopravvivenza alla specie. Eppure, pensate che nelle porzioni di Oceano limitrofe alla costa dell’intero continente americano, questo crostaceo rappresenta una delle “pietanze” maggiormente gradite dai suoi predatori, compresi gli umani stessi.
Vale a dire coloro che, seppur inconsapevolmente, hanno favorito la diffusione della specie in territori che non corrispondono propriamente al suo habitat naturale. Proprio in queste aree, nonostante il canonico ruolo prevalentemente da preda, la presenza di pesci di dimensioni inferiori rispetto a quelli localizzati negli oceani, sommata all’assenza quasi totale di grandi predatori, hanno consentito al crostaceo una proliferazione incontrollata, che ora minaccia concretamente le specie locali, già decimate dalla presenza dell'”alieno”, specie per quanto concerne i mari italiani.
Stiamo parlando, per essere più precisi, del Mar Adriatico, porzione del Mediterraneo compresa tra la costa orientale del Belpaese e la penisola balcanica, dove si stanno concentrando i maggiori danni comportati dal granchio blu specie nel settore della produzione ittica. L’associazione Fedagripesca-Confcooperative ha diffuso delle preoccupanti stime, secondo le quali i disagi già causati al settore produttivo nostrano ammonterebbero a circa 100 milioni di euro sotto il punto di vista economico.
Lo zampino, come abbiamo accennato, è sempre dell’uomo, che probabilmente ha riportato con sé nelle acque italiane il granchio dopo spedizioni per commerciare internazionalmente attraverso navi cargo. Come tentare di arginare la problematica? Il Governo ha stanziato 2,9 milioni di euro da destinare alle cooperative della pesca, in modo da intervenire attivamente tenendo la proliferazione incontrollata della popolazione sotto controllo, anche mediante una massiccia opera di pesca proprio concentrandosi su questo esemplare marino, che in Veneto è ghia valso ben 326 tonnellate di raccolto.
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