A 61 anni è stato in mare aperto per tre mesi e si è salvato | Ha mangiato di tutto, uccelli compresi, ma solo una cosa l’ha tenuto in vita

Napa Castro

La assurda storia del pescatore sopravvissuto (YouTube Foto) - www.marinecue.it

Un uomo, una sfida, un destino: il mare è una delle ultime grandi frontiere dell’ignoto.

Quando lo si osserva dalla riva, sembra un compagno silenzioso, a volte amico, a volte traditore. Ma chi ha il coraggio di avventurarsi oltre l’orizzonte sa bene che l’oceano non fa sconti. Non conosce pietà, non concede riposo, non si piega ai bisogni umani.

Eppure, la storia dell’uomo è fatta di resistenza, di lotte contro il tempo e contro la natura. Da sempre, gli esseri umani hanno sfidato l’impossibile, si sono spinti oltre i limiti del corpo e della mente, trovando risorse inaspettate nel momento del bisogno. Ed è proprio in questi racconti che si nasconde il vero spirito della sopravvivenza: la capacità di adattarsi, di inventare soluzioni, di aggrapparsi alla speranza.

Ma la speranza, da sola, non basta. Quando il cibo scarseggia e la sete diventa insopportabile, il corpo comincia a cedere. È in quei momenti che emerge la differenza tra chi si arrende e chi resiste. E la resistenza è spesso frutto di qualcosa di più profondo della semplice volontà di vivere. È un legame invisibile, un richiamo che va oltre la sopravvivenza stessa.

C’è chi trova la forza nella fede, chi nei ricordi, chi in una promessa fatta a sé stesso o a qualcuno che ama. E a volte, questo filo sottile che tiene legati alla vita è più forte delle tempeste, della fame e della solitudine.

Un viaggio oltre ogni limite

Máximo Napa Castro, pescatore peruviano di 61 anni, non aveva previsto nulla di tutto questo quando è salpato dal porto di San Juan de Marcona. La sua era una normale battuta di pesca, una di quelle che si fanno senza pensarci troppo, con la sicurezza dell’abitudine. Ma il destino aveva altri piani per lui. Una tempesta lo ha spinto fuori rotta, gettandolo in una deriva disperata nell’immensità dell’Oceano Pacifico.

Senza radiofaro, senza provviste sufficienti e senza alcun modo per comunicare con il mondo, si è trovato solo contro la vastità dell’acqua. Ha dovuto fare i conti con la fame e la sete, con il sole implacabile e le notti gelide. Ma soprattutto, ha dovuto affrontare l’incertezza: ogni giorno passato alla deriva poteva essere l’ultimo.

Napa Castro
Il pescatore sopravvissuto in mare (YouTube Foto) – www.marinecue.it

Il segreto della sopravvivenza

Per quasi tre mesi, Napa Castro ha trovato il modo di nutrirsi con ciò che il caso gli offriva: uccelli marini catturati al volo, scarafaggi che infestavano la sua barca, persino una tartaruga marina rimasta impigliata nelle reti. L’acqua piovana è stata la sua unica fonte di idratazione, e con la legna della sua stessa imbarcazione è riuscito ad accendere il fuoco per cuocere quel poco che riusciva a procurarsi.

Ma alla fine, la fame ha vinto. Gli ultimi quindici giorni li ha passati senza cibo, ridotto allo stremo, con il corpo ormai incapace di reagire. Eppure, c’era qualcosa che lo teneva ancora attaccato alla vita: il pensiero della sua famiglia. Nei momenti di maggiore disperazione, sentiva la voce della madre, il bisogno di rivederla, di abbracciarla ancora una volta. Quando finalmente una nave ecuadoriana ha avvistato la sua piccola barca e lo ha tratto in salvo, Napa Castro era in condizioni critiche. Ma era vivo. E appena tornato in Perù, davanti alla folla che lo acclamava, ha chiesto solo un istante per sua madre. “Ti amo, mamma”, ha detto tra le lacrime. Perché alla fine, è stato quel legame a salvarlo davvero.