Balene, trovata una morta in Italia e lasciata affondare | Ora vogliono recuperare il suo scheletro per esporlo al pubblico

Balene (Depositphotos foto) - www.marinecue.it
Una balenottera comune spiaggiata a Muggia, affondata al largo e ora al centro di un progetto di recupero.
Le balene sono tra le creature più affascinanti del pianeta. Con le loro dimensioni impressionanti e le loro lunghe migrazioni attraverso gli oceani, hanno ispirato miti, storie e ricerche scientifiche per secoli. Quando uno di questi giganti muore, il suo corpo non smette di avere un ruolo nell’ecosistema, anzi: diventa il centro di un intero processo naturale che può durare anni.
Per i biologi marini, il ritrovamento di una balena senza vita è un’occasione per capire meglio la sua esistenza: dalle cause della morte fino alle tracce della sua storia lasciate nelle ossa. Ogni scheletro racconta qualcosa, che sia sul cambiamento climatico, sull’inquinamento o sulle abitudini alimentari di questi animali. Insomma, dietro una carcassa si nasconde un vero e proprio archivio naturale.
La gestione di un evento del genere non è semplice. Cosa fare con un corpo di decine di tonnellate? In alcuni casi si sceglie di rimuoverlo completamente, in altri di lasciarlo in mare, permettendo alla fauna marina di sfruttarlo come risorsa. Quest’ultima opzione è spesso la più logica quando la balena si trova in acque profonde, lontano da zone frequentate. Ma c’è un altro aspetto da considerare: la conservazione dello scheletro.
L’idea di recuperare e esporre i resti di una balena non è nuova, ma ogni volta rappresenta una sfida. Serve tempo, autorizzazioni, una logistica ben pianificata. Ma se tutto va a buon fine, il risultato può essere incredibile: un’opportunità educativa unica, capace di avvicinare il pubblico alla maestosità di questi animali e alla fragilità del loro habitat.
Una balenottera affondata al largo di Muggia
Il 30 agosto 2024, una balenottera comune è finita spiaggiata vicino ai pontili di Porto San Rocco, a Muggia, in provincia di Trieste. Un evento raro, che ha subito richiamato l’attenzione dell’Area Marina Protetta di Miramare e delle autorità locali. La decisione presa è stata quella di rimuovere la carcassa e affondarla al largo, per evitare che i resti si disperdessero e per consentire un possibile studio futuro.
Una volta ottenute le autorizzazioni dalla Capitaneria di Porto di Trieste, il team di esperti ha iniziato un’operazione di monitoraggio subacqueo per capire come il corpo della balena stesse cambiando nel tempo. Il 6 marzo scorso, i ricercatori Saul Ciriaco e Marco Segarich si sono immersi nel punto dell’affondamento per osservare la situazione. Il quadro che hanno trovato conferma quello che già si ipotizzava: la decomposizione è a uno stadio avanzato, con circa il 90% dei tessuti molli scomparso. Ora, lo scheletro è sempre più visibile, con la colonna vertebrale quasi completamente esposta. Interessante il fatto che alcune cavità interne della carcassa siano già state colonizzate da piccoli pesci, come i labridi. Ma non finisce qui.

L’idea di recuperare lo scheletro
Visto lo stato della balena, l’Area Marina Protetta di Miramare ha deciso di fare un passo in più: provare a recuperare le ossa per un’eventuale esposizione museale. Nei prossimi giorni, con il supporto della Geomar, verrà effettuato un nuovo intervento per mettere in sicurezza i resti e impedire che vadano dispersi. Il piano prevede di ingabbiare lo scheletro in una rete, in modo da conservarlo nel miglior stato possibile.
Questa operazione non è solo un modo per dare un senso alla fine di questo esemplare, ma anche un’opportunità per la ricerca e la divulgazione scientifica. Se tutto andrà secondo i piani, il pubblico potrebbe presto trovarsi faccia a faccia con lo scheletro di questo gigante marino, un’occasione unica per conoscere meglio una delle creature più straordinarie degli oceani.