L’isola del Conte torna ad essere la casa della biodiversità | Il problema era questo animale: sono riusciti a svuotarla

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Topo (PIXABAY FOTO) - www.marinecue.it

L’ecosistema ha subito un cambiamento radicale grazie a un progetto ambizioso: ecco come la natura ha riconquistato il suo spazio.

Negli ultimi anni le isole del Mediterraneo hanno rappresentato un laboratorio naturale per lo studio della biodiversità e delle sue fragilità. La loro posizione isolata e le peculiari condizioni climatiche hanno favorito lo sviluppo di specie uniche ma anche reso questi habitat particolarmente vulnerabili all’introduzione di specie invasive.

Una delle principali minacce per gli ecosistemi insulari è rappresentata dall’introduzione involontaria di specie aliene, capaci di alterare profondamente l’equilibrio naturale. In particolare i roditori sono tra i principali responsabili della scomparsa di numerose specie autoctone, sia animali che vegetali, in tutto il mondo.

Nel corso della storia molte isole hanno subito drastici cambiamenti nella loro composizione faunistica e floristica, spesso con conseguenze irreversibili. Per questo motivo negli ultimi anni si sono moltiplicati gli sforzi per proteggere questi ecosistemi unici attraverso interventi mirati.

L’Isola di Montecristo un gioiello naturalistico dell’Arcipelago Toscano non ha fatto eccezione: qui la biodiversità era fortemente minacciata dalla presenza di una specie invasiva che metteva a rischio la sopravvivenza di diverse popolazioni animali e vegetali autoctone.

Un progetto ambizioso per salvare l’isola

Nel 2012 è stato avviato un importante progetto di eradicazione del ratto nero, principale responsabile del declino della fauna locale, in particolare della berta minore (Puffinus yelkouan). Questa specie di uccello marino, che si riproduce solo su isole prive di predatori terrestri, subiva pesantemente l’impatto dei roditori, che predavano uova e pulcini, riducendo drasticamente il successo riproduttivo.

L’intervento condotto con grande attenzione e monitorato nel corso degli anni, ha dato risultati straordinari. Già dalla prima stagione riproduttiva successiva alla rimozione dei ratti, il tasso di successo della nidificazione della berta minore è aumentato dal 10% a oltre il 90%, segnando un punto di svolta per la conservazione della specie.

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Gli effetti positivi sulla fauna e sulla flora

L’assenza dei ratti ha favorito non solo la berta minore, ma anche altre specie che avevano subito la pressione dei roditori, l’assiolo e il succiacapre, due uccelli notturni particolarmente vulnerabili alla predazione, hanno visto un significativo aumento delle popolazioni nidificanti. Anche l’entomofauna ha beneficiato dell’intervento: alcune specie di farfalle diurne, precedentemente assenti o rare, hanno iniziato a ripopolare l’isola, segno di un ecosistema che si sta progressivamente riequilibrando.

Sul fronte vegetale i monitoraggi condotti tra il 2011 e il 2018 hanno evidenziato un incremento del numero di specie presenti, confermando il miglioramento della salute complessiva dell’habitat. Questo dato è particolarmente significativo se si considera la persistente presenza della capra di Montecristo, altra specie introdotta in tempi antichi e con un forte impatto sulla flora locale.