Eolico in mare, ora un’azienda norvegese sovrasta tutti | Il suo progetto è futuristico: l’offshore diventerà normalità dovunque

Parco eolico offshore (Freepik foto) - www.marinecue.it
La società scandinava che punta a ritagliarsi un ruolo da protagonista nella realizzazione di parchi eolici in mezzo al mare
La transizione energetica passa soprattutto attraverso la progressiva riduzione, sino all’eliminazione, per quanto concerne lo sfruttamento dei combustibili fossili, in favore di fonti di energia totalmente pulite e rinnovabili, che non comportano emissioni nocive per l’atmosfera.
Uno degli esempi ormai più affermati a livello globale, secondo soltanto ai sistemi che sfruttano l’energia solare, è l’eolico. Le tecnologie sempre più sofisticate che riguardano questa alternativa energetica hanno condotto ad un espansione rapidissima nel corso degli ultimi anni.
Lo sfruttamento dell’energia avviene mediante le correnti ed il vento che stimolano il movimento delle pale eoliche, installabili sia sulla Terra, ma anche a largo delle coste, nel mare.
La seconda opzione è conosciuta come eolico offshore, in grado di affermarsi come opzione dall’elevata efficienza e dal quasi nullo impatto sull’ambiente. Sebbene alcuni si siano mossi su posizioni discordanti rispetto alla possibilità di impiantare le pale eoliche in mare, i benefici portati all’ambiente sono in grado di dimostrare il contrario.
L’azienda protagonista
Subsea 7 rappresenta la joint venture tra Halliburton Subsea e Dsnd ed è stata fondata nel 2002, per affermarsi sulla Borsa di Oslo soltanto due anni più tardi. Ma di cosa si occupa? Il principale ambito d’interesse riguarda l’ingegneria energetica; per rendere un esempio, il gruppo possiede il controllo della Seaway7, focalizzata sulla realizzazione di parchi eolici offshore.
Complessivamente, Subsea 7 conta diversi soci che ne detengono le quote in differenti misure, a partire dal presidente Christian Siem, che ne detiene il 23,9% attraverso Siem Industries, seguito per percentuale di quote possedute, il 9,5%, dal fondo Folketrigtfonde. Tra gli azionisti minori, in ordine di quote, seguono Elliot, con il 4,6%, BlackRock Institutional, con il 3,5%, Storebrand Kapitalforvaltning, con il 2,6%, Dnb Asset Management, con il 2,5%, Vanguard, con il 2,3%, Amundi Asset Management, con l’1,5%, T.Rowe Price International, con lo 0,9% e State Street Global Advisors con lo 0,8%.

Il progetto e l’ipotesi fusione
Alla chiusura dei mercati avvenuta lo scorso venerdì, come riporta Milano Finanza, la capitalizzazione dell’azienda norvegese poteva contare 4,6 miliardi di euro. In questo contesto di inserisce anche la Saipem, raggiunta per valore sul mercato, che già nel 2019 aveva avviato una collaborazione con Seaway 7, proprio in vista dell’incremento di impianti eolici offshore, evidenziando la possibilità di un futuro sodalizio maggiormente consolidato, che effettivamente prosegue sino ad oggi.
Nonostante la cooperazione era stata inizialmente inquadrata come un vero e proprio azzardo, a causa degli oltre 2 miliardi di euro di investimenti “buco” effettuati da differenti aziende che operano tra i Mari del Nord per offrire la garanzia di parchi eolici in mare, oggi si parla addirittura di una possibile fusione tra le due società, in realtà già precedentemente ipotizzata da Bloomberg.