Da predatore a preda, le orche cacciano gli squali bianchi

Orche

Il ruolo da predatrici delle orche (Depositphotos foto) - www.marinecue.it

Le orche sono in grado di cacciare una specie di squali già fortemente minacciata da ulteriori fattori. Il loro comportamento da predatori vi lascerà sbalorditi!

La False Bay è una località molto frequentata dai subacquei, situata lungo la costa sud-occidentale del Sudafrica. Una delle particolarità, a livello di fauna marina, dell’area è rappresentata dalla fitta presenza di squali manzo nasolargo, che non era assolutamente raro avvistare nel corso delle immersioni.

Eppure il 9 novembre 2015, i sub che stavano attraversando la zona si sono resi conto della completa assenza di questi esemplari; un evento surreale considerando alla quantità di unità che era possibile incontrare fino a poco tempo prima. Successivamente, sul medesimo fondale marino sono state rinvenute numerose carcasse di esemplari della stessa specie, che presentavano diverse lacerazioni.

La biologa marina Alison Towner ha da subito preso parte attiva al processo di ricerca che avrebbe permesso di individuare la causa dietro a questi attacchi. Le prime ipotesi riguardavano la possibilità di attività di pesca intensiva, ma la supposizione che un predatore avesse banchettato sul loro corpo non appariva assolutamente da escludere.

Tra le eventualità annotate, non era stata scartata neanche l’attacco da parte di una o più orche, ipotesi che ha continuato a prendere quota a seguito del ritrovamento nell’aprile del 2016 di altre cinque carcasse, presentanti gli stessi identici segni. A questo punto il team guidato dalla biologa marina del South African National Parks Alison Kock è intervenuto a riguardo, sottolineando la compatibilità delle ferite tra i due casi e dimostrando la presenza dell’impronta di denti d’orca sui cadaveri.

L’individuazione dei responsabili

Gli sviluppi più significativi, però, sono avvenuti durante gli ultimi anni. Dopo aver classificato il caso del 2016 come primo documentato che attestasse l’avvenuta uccisione di esemplari di squali manzo nasolargo da parte delle orche, un drone ha catturato gli istanti della caccia da parte di due esemplari di orche, nel 2022, togliendo ogni dubbio a riguardo. E così, quando nel 2023 altre 19 carcasse sono state rinvenute su una spiaggia nei pressi di Città del Capo, non c’è stato bisogno di esami chissà quanto approfonditi per individuare i responsabili.

Ma quali sono i segni distintivi che hanno aiutato gli studiosi a comprendere la natura degli attacchi? Le carcasse degli squali presentavano le medesime condizioni, ovverosia erano stati privati del loro fegato, estratto attraverso uno squarcio sul petto, contraddistinto da una precisione quasi chirurgica, non presentando ulteriori danni negli altri organi dell’addome. Ad essere stati individuati sono due maschi di orca, poi nominati Port e Starboard, indicati come responsabili degli avvenimenti documentati dal 2015 sino ad oggi.

Squalo smembrato
Uno squalo dopo esser stato assaltato dall’orca (Marine Dynamics foto) – www.marinecue.it

A cosa hanno condotto gli approfondimenti?

I ricercatori si sono messi al lavoro per individuare ulteriori informazioni che permettessero di risolvere un quadro completo, relativo al comportamento di caccia mantenuto da Port e Starboard. Innanzitutto, l’ecologo molecolare A.R. Hoelzel della Durham University, mediante il sequenziamento dei genomi delle orche è riuscito a risalire ad un legame di parentela, probabilmente di stretta fratellanza, tra i due esemplari. Comprendere il comportamento mantenuto dalla specie è già di per se molto complesso, in quanto sono differenti le diete che le orche sparse in tutto il mondo seguono usualmente.

Le possibilità avanzate a seguito degli studi evidenziano la possibilità che Port e Starboard si siano allontanati dal proprio ecotipo, avvicinandosi alla riva alla ricerca di fonti di cibo e che la necessità di attaccare e nutrirsi esclusivamente del fegato degli squali possa essere dettata dalla volontà di preservare la loro dentatura, soggetta all’usura in caso di contatto prolungato con la pelle ruvida che contraddistingue i giganti del mare. La certezza resta una soltanto e non rappresenta una notizia positiva per il bene degli squali; il declino che l’intera specie si trova già costretto a fronteggiare, potrebbe subire un ulteriore accelerata, oltre che a causa dei cambiamenti climatici e della pesca eccessiva, anche da parte degli attacchi delle orche nei confronti degli squali manzo nasolargo. A riportare la notizia è National Geographic.