Lo squalo bianco nuota nel Mediterraneo da 3,2 milioni di anni: ecco da dove arrivò
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Lo squalo bianco visto frontalmente (WWF foto) - www.marinecue.it
Secondo uno studio recentemente condotto, questo esemplare approdò nel ‘Mare Nostrum’ oltre 3 milioni di anni fa. Ma ecco la situazione di rischio che sta vivendo oggi
Un gruppo di ricercatori internazionali guidato dall’Università di Bologna ha sequenziato il DNA dello squalo bianco che abita le acque del Mar Mediterraneo, al fine di approfondirne la storia evolutiva, combinando l’approccio matematico ai modelli genetici.
Parliamo di una specie animale che ha stabilito il proprio habitat nella massa d’acqua mediterranea ormai da circa 3,2 milioni di anni. La peculiarità dello squalo bianco mediterraneo è che, sotto il profilo genetico, presenta molti più punti in comune con gli abitanti del lontano Oceano Pacifico, rispetto ai ‘fratelli’ che nuotano nelle acque dell’Atlantico, geograficamente prossimo al Mediterraneo.
La pubblicazione dello studio è avvenuta sul Journal of Biogeography e ci permette di venire a conoscenza della complessa storia evolutiva dello squalo bianco, che ha portato la specie abitante il mare a sud dell’Italia a figurare come un esempio unico nel suo genere. Sono queste le parole del ricercatore presso l’ateneo bolognese e autore dello studio Agostino Leone.
Lo stesso, tuttavia, sottolinea anche come il tasso di variabilità genetica posseduto dagli animali si attesti su livelli bassi, in modo quasi allarmante, il che potrebbe suggerire che si tratti di branchi composti da un numero esiguo di unità, a tal punto da poter considerare l’intera specie in pericolo d’estinzione.
Le interessanti variazioni genetiche
Lo squalo bianco del Mediterraneo, nel corso della storia biologica, ha ricevuto un’attenzione mai particolarmente elevata da parte degli studiosi; il motivo è, con tutta probabilità, da ricercare nella diminuzione che ha coinvolto le unità della sua popolazione, rendendo sempre più ardua l’entrata in contatto con esemplari da analizzare. L’unica alternativa a disposizione dei ricercatori, a questo punto, è risultata essere la moltitudine di reperti posseduti da musei e privati, in riferimento proprio a resti ossei del grande squalo bianco. Mediante l’impiego delle tecnologie che permettono l’approfondimento del genoma antico è possibile risalire anche alla ricostruzione del DNA mitocondriale del mastodontico pesce.
Secondo quanto afferma Leone, le analisi hanno permesso di venire a conoscenza delle mutazioni genetiche che hanno riguardato la specie, rendendola profondamente differente rispetto alle, almeno apparenti, ‘gemelle’. Ma c’è di più; in precedenza gli studiosi erano convinti che lo squalo bianco avesse colonizzato le acque mediterranee soltanto a partire da 450.000 anni fa, ma le rilevazioni effettuate nell’ambito del medesimo studio smentiscono tale ipotesi, evidenziando come le mutazioni abbiano avuto inizio più di 3 milioni di anni fa.
![Squali bianchi](https://www.marinecue.it/wp-content/uploads/2025/02/Coppia-di-squali-bianchi-in-mezzo-alle-prede-WWF-marinecue.it_.jpg)
Il percorso migratorio
L’antichissima origine, finora rimasta sostanzialmente nascosta ai più, permette di spiegare anche i meccanismi che si celano dietro alla somiglianza genetica tra l’esemplare afro-europeo, rispetto alle specie dell’Oceano Pacifico; la colonizzazione delle masse d’acqua da parte dell’enorme pesce è stata possibile spostandosi attraverso gli Oceani. Gli studiosi si sono occupati di ricostruire il percorso effettuato dai pesci, arrivando a comprendere come prima della formazione dell’Istmo di Panama, sconfinarono dal Pacifico all’Atlantico passando per il centro America.
Lo stesso esemplare sarebbe, tuttavia, stato soggetto ai cambiamenti climatici del passato estinguendosi; ciò vuol dire che le specie attualmente diffuse nell’Oceano Atlantico siano rappresentate da animali derivanti dal Sudafrica, profondamente differenti rispetto ai precedenti abitanti della massa d’acqua, parte dei quali abitano, ora, le acque mediterranee. Resta il fatto che la popolazione accolta nel ‘Mare Nostrum’ sia minacciata dal pericolo di estinzione, date le dimensioni esigue della sua comunità. Si renderà necessario intervenire per salvaguardare non solo la specie in sé, ma anche gli equilibri degli attuali ecosistemi nel Mediterraneo.