Per salvare le specie in mare fanno qualcosa di stupido | È inutile anche provarci: non si riesce a salvare nulla
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L'influenza delle attività antropiche nel mare (Canva/Depositphotos foto) - www.marinecue.it
I tentativi avanzati dall’uomo per salvare le specie a rischio si sono rivelati spesso deleteri. Qual è l’attuale situazione dei mari?
I nostri mari si stanno progressivamente svuotando delle specie che da sempre gli hanno popolati, le stesse che nel passato, anche piuttosto recente, rappresentavano dei veri e propri simboli inerenti al determinato territorio.
A fornire delle stime precise sulle specie marittime, comprendendo pesci, molluschi, crostacei, ma anche uccelli marini, che si trovano in una situazione maggiormente a rischio, è l’IUCN.
Questa organizzazione si occupa della cura e dell’aggiornamento della ‘Red List of Threatened Species‘, letteralmente Lista Rossa delle Specie Minacciate, che figura come più attendibile documento relativo del rischio d’estinzione delle specie, non solo per quanto riguarda i mari.
Restando sul tema, comunque, è stato evidenziato come pesci caratterizzati da dimensioni elevate risultano essere maggiormente vulnerabili, a causa della lentezza nella crescita corporea, che rende difficoltosa la riproduzione. Tra questi figura anche il padrone incontrastato dei mari, lo squalo bianco.
Le specie animali maggiormente minacciate
Numerosi ecosistemi presenti nel Mar Mediterraneo, sono noti agli studiosi per essere luoghi atti alla nidificazione di numerose specie di uccelli marini, anche particolarmente delicate e ormai sempre più rare. Rientra in questa categoria, ad esempio, la berta minore, uno degli animali simbolo del territorio mediterraneo, che si trova ad affrontare uno stato di minaccia senza eguali. La IUCN (International Union for the Conservation of Nature), indica come il fattore di rischio primario per questo esemplare sia la pratica delle attività quali pesca e commercio da parte dell’uomo; non è raro che la berta minore resti involontariamente intrappolata nelle reti dei pescatori, andando alla ricerca di prede con cui nutrirsi.
Ma non si tratta dell’unico pericolo concreto a danno di questi animali. Impossibile tralasciare il tema dell’urbanizzazione e del turismo di massa, a cui spesso proprio le coste di nidificazione sono soggetti, così come bisogna rivolgere la giusta attenzione all’inquinamento marino, acustico e luminoso, fino a giungere agli inevitabili fenomeni metereologici scaturiti dai cambiamenti climatici. Se evidenziamo, poi , la caccia aperta agli stessi esemplari, come avviene per esempio a Malta, comprendiamo come i fattori correlati al rischio di sparizione della berta minore siano davvero numerosi.
![Volatili mediterranei](https://www.marinecue.it/wp-content/uploads/2025/02/Berta-minore-Lipu-marinecue.it_.jpg)
Il tentativo di debellazione dei predatori
Stando a quanto riportato dalla stessa IUCN, nel territorio italiano specificamente, il drastico calo in merito alla presenza di berte minori sia da attribuire all’opera svolta dai predatori, vale a dire prevalentemente gatti e ratti, soprattutto questi ultimi, che farebbero scorta di uova e pulcini. La situazione appare indubbiamente curiosa, in quanti i ratti sono stati introdotti nelle aree mediterranee ormai circa 2.000 anni fa e gli studiosi, come evidenziato ad esempio da Jean-Louis Martin, non sono ancora riusciti a fornire una spiegazione sul mancato raggiungimento di un equilibrio tra le prede e i predatori. Nel corso degli ultimi venticinque anni, ben otto progetti europei LIFE sono stati avallati; ciascuno di questi riguardava la rimozione delle specie vegetali alloctone, ma il focus principale veniva posto sulla necessità di derattizzare gli ecosistemi mediterranei.
Lo svolgimento dei progetti è avvenuto mediante l’utilizzo di un anticoagulante noto come Brodifacoum, il cui funzionamento prevede l’ostacolo della sintesi di vitamina K nei topi, principale processo che permette la coagulazione del sangue, causando uno shock emorragico nell’animale colpito. Tuttavia, le criticità si sono immediatamente presentate; a partire dall’insuccesso dimostrato in alcuni progetti di derattizzazione, fino a giungere all’effetto nocivo e tossico che l’anticoagulante genera anche sulle specie degli uccelli che, in realtà, si sta tentando di proteggere. Per mettere in atto procedure realmente vantaggiose alla mitigazione del rischio di estinzione di determinate specie, soltanto un’approfondita ricerca potrà consegnare i risultati più fruttuosi.