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Marineland chiude i battenti, il destino delle orche del parco è incerto

Negli ultimi anni, il rapporto tra l’uomo e gli animali in cattività è stato messo profondamente in discussione.

Sempre più persone iniziano a vedere questi esseri non come attrazioni da esporre, ma come creature da rispettare e proteggere. La crescente consapevolezza verso il benessere animale ha spinto molti a riconsiderare l’esistenza di parchi marini e zoo, un tempo simboli di progresso e intrattenimento.

L’industria degli spettacoli con animali è ormai sotto assedio. Denunce da parte di esperti e organizzazioni animaliste, unite a nuove normative, stanno spingendo verso un modello di intrattenimento più etico. Ma il passaggio da un sistema tradizionale a uno realmente sostenibile non è semplice. Molte strutture, nate per fini ricreativi, si trovano ora al centro di polemiche che ne mettono a rischio la sopravvivenza.

In questo contesto, emerge la necessità di soluzioni alternative che rispettino il benessere degli animali e, al contempo, promuovano una nuova visione culturale. Ma come gestire il passato che ci trasciniamo dietro?

Parchi marini e delfinari, che ospitano migliaia di creature, sono diventati il simbolo delle contraddizioni di questo cambiamento. Ogni decisione in questo campo non riguarda solo il futuro di questi luoghi, ma anche il valore che attribuiamo alla vita animale e alla sua libertà.

Marineland: la fine di un’epoca

Marineland, il più grande parco marino d’Europa, ha chiuso definitivamente le sue porte dopo oltre 50 anni di attività. Fondato nel 1970 ad Antibes, in Francia, il parco ha accolto milioni di visitatori, diventando per decenni un’icona della Costa Azzurra. Tuttavia, un mix di calo di pubblico, difficoltà economiche e leggi più rigide ha portato alla sua chiusura.

Questo evento non è solo una questione locale: rappresenta un segnale forte per l’intero settore. Rimane però aperta la questione più urgente, ovvero cosa fare degli animali rimasti. Tra questi, le orche Wikie e Keijo, simboli del parco, potrebbero essere trasferite in Giappone, dove le normative sul benessere animale sono meno severe. L’idea ha sollevato un’ondata di proteste, con molti che temono per la loro sorte in un contesto che potrebbe riportarle a esibirsi.

Orche, stop alla cattività per questi grandi cetacei (YouTube Foto) – www.marinecue.it

Quale futuro per i parchi marini?

La chiusura di Marineland ha riacceso il dibattito su come gestire animali nati e cresciuti in cattività. Per creature come Wikie e Keijo, l’oceano non è un’opzione: non hanno mai vissuto in libertà e dipendono dall’uomo. Una delle proposte più avanzate è quella dei santuari marini, aree protette dove gli animali possano vivere senza pressioni. Tuttavia, questi progetti richiedono enormi investimenti e una collaborazione globale che ancora manca.

Allo stesso tempo, lasciare che animali come le orche finiscano in strutture con standard inferiori significherebbe vanificare anni di lotte per il loro benessere. La gestione di questi casi è quindi cruciale non solo per gli individui coinvolti, ma per stabilire un nuovo modello di convivenza. Il destino di Wikie e Keijo non è solo una questione pratica: è un test per capire se siamo davvero pronti a mettere il rispetto della natura al centro delle nostre scelte.

Sveva Di Palma

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