Estinzione di massa, la mano dell’uomo non si ferma | Devono di migliaia di specie a rischio: tra queste non solo pesci
Sono svariate le categorie di specie animale considerate a rischio estinzione. Come l’uomo ne ha contribuito e in quali rischi potrebbe incorrere
Con il termine estinzione definiamo la scomparsa di alcune specie viventi dal globo, un fenomeno naturale derivato dall’evoluzione delle stesse, che vede una sparizione progressiva pari al 10% ogni milione di anni trascorsi. Le ultime stagioni sono state tremendamente caratterizzate dal verificarsi di estinzioni di massa, durante le quali sono stati registrati tassi di sparizione particolarmente elevati rispetto al naturale trascorso.
Alla base di questa importante problematica c’è indubbiamente il cambiamento climatico, che causa un aumento della temperatura media in determinate latitudini del globo, non consentendo più il regolare sviluppo per alcune specie incapaci di adattarsi alle mutazioni del clima, che finiscono per scomparire direttamente.
Ed è un problema che, in quanto esseri umani, ci riguarda molto più da vicino di quanto possiamo pensare. Innanzitutto perché questo fenomeno è direttamente causato dall’attività dell’uomo; in secondo luogo perché le specie animali, ma anche vegetali, sono fondamentali per la nostra sopravvivenza. Con l’estinzione totale di queste ultime, la specie umana verrebbe inevitabilmente trascinata verso la sua completa sparizione.
La deforestazione, l’inquinamento, gli allevamenti intensivi, la caccia e la pesca eccessiva sono solo alcune delle principali pratiche svolte dalle persone che stanno progressivamente decimando la biodiversità e gli habitat in numerose aree del globo.
Il rischio continua ad aumentare
L’ultimo allarme lanciato dagli esperti riguarda le specie che popolano le acque dolci – e conseguentemente i loro ecosistemi -. Sulla rivista Nature, una delle più autorevoli fonti in materia, è stato pubblicato un report che evidenzia come oltre un quarto delle specie popolanti fiumi e laghi rischino l’estinzione. Nello specifico, lo studio ha preso in esame più di 23.000 specie differenti, minacciate in egual misura da cause naturali imprevedibili, oltre che dalle azioni praticate dall’uomo. Per quanto riguarda l’ecosistema fluviale, lacuale e paludale, a colpire direttamente le aree sono la costruzione di dighe e ulteriori infrastrutture antropiche, nonché il già noto inquinamento e l’introduzione di specie considerate invasive. Le categorie a rischio sarebbero rappresentate da pesci, decapodi – gamberi e granchi, ad esempio -, tetrapodi – rettili ed anfibi – e odonati – famiglia delle libellule, per intenderci.
Negli ultimi cinquant’anni oltre il 35% degli ambienti umidi è stato ridotto, andando definitivamente perduto. Questo ha comportato, già solo nell’immediato, la perdita di circa 90 specie popolanti le acque dolci, senza calcolare i potenziali rischi sul breve termine. Quasi 200 specie sono a forte rischio, o potrebbero addirittura essersi già estinte. E non possiamo ignorare le conseguenze dirette nei confronti dell’uomo, che con la sparizione di ambienti umidi e paludosi non avrebbe più a propria disposizione un sostanzioso rifornimento in termini di acqua potabile e alimentazione.
Evitare conseguenze disastrose è ancora possibile
Gli ecosistemi europei sono tra quelli più a rischio, come sottolineato dalle liste rosse dell’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), che restituiscono un quadro generale a dir poco preoccupante. Specie animali come il gambero di fiume e l’anguilla europea potrebbero scomparire definitivamente nel giro di pochi anni, ma la criticità principale è che l’ambiente fluviale non è così conosciuto ed approfondito da parte della scienza globale, che non avendo a disposizione una panoramica particolareggiata in merito al numero e alla varietà di specie che popolano questi ecosistemi, risulta impossibilitata anche nella valutazione dei rischi e delle potenziali perdite. L’intero mondo potrebbe risentire negativamente della progressiva sparizione degli animali, nonché della riduzione degli habitat, per questo aumentare la consapevolezza nelle menti della popolazione mondiale e provare unitamente a contrastare questa piaga risulta più determinante e vitale che mai, così come la necessità di farlo nel tempo più rapido possibile.
Il rischio del verificarsi di inondazioni e siccità nei pressi di ogni meridiano e parallelo potrebbe divenire più che una semplice ipotesi e i recenti avvenimenti ce lo stanno già dimostrando. Investire in primis nella ricerca scientifica, garantendo la posizione di importanza adeguata anche agli habitat fluviali o lacuali, storicamente relegati ad ecosistemi quasi di ‘seconda fascia’ e sensibilizzare le persone in merito alla problematica e alle sue catastrofiche conseguenze, in secondo luogo, potranno davvero rappresentare il punto di svolta favorevole nei confronti di questa dilagante e potenziale tragedia. Il futuro del pianeta resta sempre ancorato alle nostre mani ed una differente consapevolezza, che si rifletta nei nostri comportamenti e nelle nostre scelte, potrebbe davvero fare la differenza. A scriverlo è Libero Tecnologia.