Pompei è una fonte inesauribile di misteri e tesori. Una recente scoperta ha fatto luce sul suo mondo nascosto.
L’area archeologica di Pompei, insieme a quella di Ercolano e di Torre Annunziata, è tra i siti storici più calcati e visitati al mondo. E una recente scoperta promette di ampliare la luce dei riflettori su di essa.
Un gruppo internazionale di studiosi avrebbe documentato alcuni dei fossili di trilobiti tridimensionali più ben conservati mai trovati, risalenti a oltre 500 milioni di anni fa.
Questi fossili, rinvenuti nell’Alto Atlante in Marocco, hanno il soprannome di “trilobiti Pompei” a causa della loro straordinaria conservazione all’interno della cenere vulcanica. La ricerca, guidata dal Prof. Abderrazak El Albani dell’Università di Poitiers, in collaborazione con esperti come il Dr. Greg Edgecombe del Museo di Storia Naturale, segna un importante traguardo per il campo della paleontologia. Entrambi hanno manifestato la loro meraviglia nel constatare l’eccezionalità del loro stato di conservazione al punto tale che sembrano animali ancora in vita. Questa scoperta dimostra quanto la cenere vulcanica in ambienti marini poco profondi può facilitare una conservazione straordinaria, svelando dettagli anatomici mai osservati in precedenza.
I trilobiti, noti per il loro esoscheletro calcificato, sono stati classificati in oltre 20. 000 specie e sono tra i fossili più analizzati. Nel caso di questi fossili marocchini, i tessuti sono stati preservati in modo eccezionale grazie alla rapida fossilizzazione avvenuta quando i corpi furono coperti dalla cenere calda nell’acqua marina. Tale processo ha mantenuto intatti segmenti del corpo, zampe, strutture simili a peli e persino il tratto digestivo, riempito dalla cenere stessa.
Il Prof. El Albani ha descritto questa scoperta come “un’esperienza emozionante”, evidenziando come i depositi piroclastici potrebbero rivelarsi una nuova frontiera nello studio della vita antica. Questi risultati infatti non solo ampliano la nostra comprensione dell’anatomia dei trilobiti, ma offrono anche nuovi spunti sull’evoluzione della vita. Tra le scoperte più sorprendenti figurano l’identificazione di un labbro carnoso sopra la bocca e la presenza di quattro paia di appendici cefaliche, anziché i tre precedentemente considerati.
Le scansioni TC e la modellazione al computer hanno svelato dettagli anatomici che offrono nuove informazioni sul comportamento alimentare di questi antichi abitanti marini. Il co-autore della ricerca Harry Berks, dell’Università di Bristol, ha sottolineato infine l’organizzazione specializzata delle zampe intorno alla bocca, simile a quella dei moderni granchi a ferro di cavallo. Questo studio, pubblicato sulla rivista Science, rappresenta un contributo cruciale per comprendere l’evoluzione degli ecosistemi marini.
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