Sicilia, nessuno ha ascoltato gli appelli degli scorsi mesi | Dissalare l’acqua del mare è stato un flop totale
In Sicilia scatta l’allarme: gli avvertimenti degli scorso mesi sono rimasti inascoltati e la crisi idrica peggiora.
Quante volte apriamo il rubinetto senza pensare minimamente da dove venga quell’acqua? È un gesto che facciamo tutti i giorni, come se fosse scontato. Eppure, basta una crisi idrica per farci capire quanto sia preziosa. Quando l’acqua manca, tutto si ferma: le case, le città, le campagne. Insomma, è la base di tutto, e se viene a mancare, sono guai.
Negli ultimi anni, però, l’acqua è diventata un argomento di emergenza. D’estate, tra il caldo record e la siccità, sembra sempre più difficile trovarne abbastanza. In campagna, gli agricoltori lottano contro raccolti distrutti, e in città si comincia a parlare di razionamenti. È come se ci trovassimo a fare i conti con qualcosa che pensavamo non sarebbe mai stato un problema.
E poi c’è tutta la questione delle infrastrutture. Molte delle nostre reti idriche sono vecchie e malandate. In alcune zone, più della metà dell’acqua potabile si perde lungo il tragitto. Un vero spreco. E anche quando si investe per sistemare le cose, i risultati non si vedono mai subito. Servono soldi, tempo e una visione a lungo termine, ma purtroppo spesso si lavora solo sull’urgenza.
Tra le soluzioni più discusse c’è quella dei dissalatori, macchinari che trasformano l’acqua salata del mare in acqua potabile. Sembra una trovata geniale, vero? E in parte lo è, ma c’è un piccolo problema: è costosissima. Oltre a consumare molta energia, i dissalatori funzionano bene solo se tutto il sistema è ben organizzato, cosa che, purtroppo, in molte zone d’Italia non è.
Dissalatori in sicilia: un’occasione mancata?
In Sicilia, dove l’acqua è una questione scottante da anni, si è deciso di puntare proprio sui dissalatori. Ci sono tre impianti – a Trapani, Porto Empedocle e Gela – che potrebbero tornare utili grazie a un investimento di 100 milioni di euro. Il problema? Sono stati abbandonati per anni, e rimetterli in funzione non sarà così semplice.
La parlamentare Stefania Marino non usa mezzi termini: questi interventi sono “tardivi e poco risolutivi”. E non ha tutti i torti: anche se gli impianti dovessero essere ripristinati, i costi energetici potrebbero essere insostenibili per molte famiglie. E poi c’è la questione delle perdite nella rete idrica: se l’acqua continua a disperdersi, a cosa serve produrne di più?
Una risposta parziale a un problema enorme
Anche i dissalatori, per quanto innovativi, non possono essere la soluzione definitiva. Funzionano bene solo se fanno parte di un piano più ampio, che include riparare le tubature, ridurre gli sprechi e sensibilizzare le persone sul risparmio idrico. Senza un approccio integrato, si rischia solo di tappare i buchi senza risolvere nulla davvero.
Per la Sicilia, la sfida è enorme: non basta mettere in moto vecchi impianti, serve un cambiamento di mentalità e di priorità. Senza un’azione seria e coordinata, il rischio è che i rubinetti continuino a restare a secco, lasciando le famiglie e le comunità senza risposte e senza soluzioni.