La guerra è partita | Si combatterà in mare: la Cina è già pronta e schierata: non c’é via di scampo?
La guerra sembra essere giunta, e si incomincerà dal mare. Anche la Cina è pronta a schierare le sue truppe. Cosa accadrà?
Le guerre sono spesso il risultato di tensioni geopolitiche, rivalità economiche e dispute territoriali irrisolte. Tra le regioni con maggior rischio di conflitto c’è l’Asia orientale, dove la situazione nello Stretto di Taiwan rimane delicata.
La crescente pressione della Cina su Taiwan, che considera una provincia ribelle, potrebbe portare a un confronto militare diretto, coinvolgendo potenzialmente gli Stati Uniti e i loro alleati nella regione, come Giappone e Australia.
Un’altra area di potenziale instabilità è il Mar Cinese Meridionale, dove la Cina rivendica la sovranità su vaste aree marine contestate da altri Paesi come Filippine, Vietnam e Malesia.
La militarizzazione delle isole e lo sfruttamento delle risorse naturali rendono probabili tensioni crescenti, che potrebbero degenerare in conflitti localizzati o scontri navali.
La strategia navale della Cina
La Cina ha recentemente dispiegato la più grande flotta navale degli ultimi 30 anni nel Pacifico Occidentale, segnando una nuova escalation nelle tensioni con Taiwan. Questo schieramento, composto da 90 navi tra marina militare e Guardia Costiera, riflette l’ambizione di Pechino di consolidare il controllo sulla “prima catena di isole”, che include Taiwan, Giappone, Filippine e Borneo. L’obiettivo è duplice: limitare l’interferenza di forze straniere, in particolare degli Stati Uniti, e rafforzare la propria posizione strategica nella regione.
La Cina sta costruendo due “muri” navali, uno lungo il confine orientale della zona di difesa aerea di Taiwan e un altro più a Est nel Pacifico, con l’intento di trasformare lo Stretto di Taiwan in un “mare interno” cinese. Le manovre militari cinesi includono esercitazioni che simulano attacchi contro navi straniere e blocchi navali, segnali chiari della volontà di Pechino di dimostrare la propria capacità di isolare Taiwan in caso di conflitto.
Le risposte degli altri stati
Taiwan ha intensificato il monitoraggio delle attività cinesi, denunciando un aumento senza precedenti delle operazioni navali e aeree nei suoi pressi. Il governo taiwanese, guidato dal presidente Lai Ching-te, sta lavorando per rafforzare la propria capacità di difesa, pur consapevole che la sopravvivenza dell’isola dipenderà anche dal supporto internazionale. La diplomazia gioca un ruolo chiave: le visite del presidente Lai a Guam e Hawaii mirano a consolidare i legami con gli Stati Uniti e i loro alleati, anche se queste azioni sono percepite da Pechino come provocazioni.
Per gli Stati Uniti, il crescente attivismo cinese rappresenta una sfida strategica significativa. La politica di “ambiguità strategica” adottata da Washington nei confronti di Taiwan è sempre più sotto pressione, spingendo verso un possibile impegno diretto nella regione. La trasformazione dello Stretto di Taiwan in un “mare interno” cinese comprometterebbe la libertà di navigazione e rafforzerebbe la posizione strategica di Pechino nell’Indo-Pacifico, con ripercussioni globali.