Il mare in Sicilia è il “Paese dei Balocchi” per gli archeologi | Altro ritrovamento mozzafiato: un relitto carico di tesori
Un vero tesoro si trova nei fondali marini siciliani. Ecco cosa ha scoperto un team di archeologi udinesi.
Il mare siciliano è una delle meraviglie naturali più affascinanti e suggestive del Mediterraneo. La Sicilia, circondata da acque cristalline, vanta una costa che si estende per oltre mille chilometri, caratterizzata da spiagge dorate, scogliere a picco sul mare e insenature selvagge.
Tuttavia, non sono solo le sue acque superficiali a rendere il mare siciliano speciale: i suoi fondali marini nascondono un mondo unico, ricco di vita e di misteri, che rappresentano un patrimonio naturale di inestimabile valore.
I fondali del mare siciliano sono tra i più variegati e biodiversi del Mediterraneo. La costa, infatti, offre una grande varietà di ambienti marini: dalle praterie di Posidonia, alle scogliere ricoperte di coralli, fino alle sabbie e alle zone rocciose.
I fondali siciliani sono anche un luogo ideale per gli appassionati di subacquea, che possono esplorare ambienti sottomarini unici. In località come l’Isola di Ustica, le Egadi, e la Riserva Marina di Capo Gallo, le acque cristalline offrono una visibilità che permette di ammirare la ricchezza di colori e forme della vita marina.
Tesori nascosti
Oltre alla sua ricchezza naturale, il mare siciliano nasconde anche un tesoro di valore storico e archeologico. Le acque che circondano l’isola sono state teatro di numerosi eventi storici, e molti relitti di navi, di epoche diverse, giacciono nei fondali marini.
Tra i più noti, si trovano quelli delle antiche rotte commerciali tra il Mediterraneo orientale e l’Occidente. Il mare siciliano, infatti, è stato un crocevia di culture e popoli, e le navi che vi solcavano le acque portavano con sé merci e tesori, che spesso venivano affondati o naufragavano.
Ultimi ritrovamenti
Il ritrovamento di un antico relitto nelle acque siciliane, più precisamente tra Marina di Noto e Vendicari (provincia di Siracusa), è stato un evento eccezionale che ha contribuito ad arricchire il patrimonio archeologico del Mediterraneo. Il relitto, che risale tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., ha rivelato una serie di anfore rare, note per la loro tipologia “Richborough 527”, utilizzate nel commercio di allume, un minerale che veniva estratto sin dall’antichità.
Questa scoperta non è solo un reperto materiale ma un’importante testimonianza delle rotte commerciali nel bacino del Mediterraneo, particolarmente utile per comprendere il commercio di merci preziose nell’antichità. L’operazione di recupero è stata effettuata grazie alla collaborazione tra la Soprintendenza del Mare, l’Università di Udine, e il Capo Murro Diving Center. L’uso di tecnologie moderne come il rilievo fotogrammetrico tridimensionale ha permesso di preservare la posizione originale delle anfore, fornendo nuovi spunti per la ricerca sulle antiche rotte mercantili.