Naufragio nel Mar Rosso | Ecco quello che è accaduto realmente: ‘Siamo ancora sconvolti da quell’onda tremenda’
Sopravvivere a un’onda tremenda: il racconto della terribile tragedia nel cuore del Mar Rosso, finita purtroppo male per altri.
Le avventure in mare aperto hanno sempre quel fascino magnetico che spinge tanti appassionati a partire. Immergersi nelle profondità, scoprire mondi sommersi, sentirsi avvolti da acque trasparenti… un’esperienza unica, difficile da dimenticare. Ma, ecco, il mare non sempre gioca pulito. È lì, bello e tranquillo, finché decide di mostrarti chi comanda davvero.
Si parte sempre con la convinzione che tutto sia sotto controllo. Barche moderne, personale esperto, attrezzatura perfetta. Ma a volte è proprio quella piccola falla nei piani a rovinare tutto. Una barca più alta del previsto, una chiglia che manca, un’onda fuori programma… e all’improvviso il gioco diventa una lotta per sopravvivere.
Quando l’acqua smette di essere una distesa pacifica e diventa un nemico feroce, la paura ti stringe lo stomaco. Ti affidi all’istinto, prendi decisioni d’impulso. E mentre tutto intorno è caos, ti accorgi che ogni secondo conta davvero. Sopravvivere in quei momenti ti cambia dentro, è inevitabile. Restano segni che nessuna guarigione può cancellare del tutto.
Tornare alla normalità dopo un’esperienza così non è semplice. Ogni piccola cosa quotidiana sembra avere un peso diverso. Anche solo respirare può riportarti alla mente quei momenti sospesi. È come se dovessi ricostruire la tua vita pezzo per pezzo, lentamente.
Quando tutto cambia in un istante
Tra queste storie che lasciano il fiato sospeso c’è quella di Michael Miles. Architetto svizzero con un’esperienza pazzesca di immersioni (158, per l’esattezza). Il 25 novembre, a bordo della Sea Story, si preparava per una crociera subacquea nel Mar Rosso. La nave, alta e maestosa con i suoi quattro ponti, sembrava già un po’ strana per un’escursione del genere. Ma la sua barca originale era stata annullata, quindi niente, si parte.
Il viaggio inizia bene: immersione diurna, poi una notturna da togliere il fiato. Ma nel cuore della notte tra domenica e lunedì, una mega onda colpisce la Sea Story. La barca si ribalta in pochi secondi. Michael, nella sua cabina con un compagno finlandese, si ritrova sottosopra. Apre la porta e si trova di fronte un corridoio già quasi completamente allagato. Che fai? La soluzione migliore sembra restare fermi lì, nella cabina, sperando che passi.
Ore interminabili sott’acqua
Trentasei ore. Avete capito bene: trentasei ore bloccati lì sotto, dodici metri sotto la superficie. Michael cerca di mantenere la calma, entra in modalità sopravvivenza. Non è il momento per emozioni o panico. Intorno a loro, l’acqua continua a salire, mobili galleggiano, chiodi spuntano dalle assi e si conficcano nella pelle. E poi c’è l’olio che ti intossica e i giubbotti di salvataggio con segnalatori completamente inutili (ma le batterie le avevano dimenticate a bordo?!).
Il silenzio diventa insopportabile, l’attesa sembra infinita. Nessuno che arrivi, nessun rumore di salvataggio. La speranza si fa sempre più piccola. Finché, finalmente, arriva quella luce. I sommozzatori li trovano e li guidano fuori da quell’inferno. Attraversano un passaggio stretto come una fessura. Alla fine ce la fanno. Michael e il suo compagno sono salvi. Purtroppo, per altri, la sorte è stata diversa: quattro morti, sette persone ancora disperse.