Oceani, sul fondo marino si conclude il loro processo digestivo | Tutto finisce a picco: un apparato complesso

Le profondità dell'oceano (Pixabay)

Le profondità dell'oceano (Pixabay FOTO) - www.marinecue.it

Questa sorta di “processo digestivo” si conclude nelle profondità dell’oceano, e tutto finisce lì in questo complesso processo.

Le profondità degli oceani sono ambienti estremi caratterizzati da condizioni chimiche e fisiche uniche. A partire dai 200 metri di profondità, la luce solare non penetra più, creando una zona afotica in cui la temperatura scende drasticamente, raggiungendo valori prossimi a 0 °C nelle aree più profonde.

La pressione aumenta di circa 1 atmosfera ogni 10 metri di profondità, superando i 1000 atmosfere nelle fosse oceaniche.

Questa pressione estrema influenza la densità dell’acqua e limita la vita a organismi altamente adattati, spesso dotati di strutture cellulari resistenti alla compressione.

Dal punto di vista chimico, l’acqua delle profondità è povera di ossigeno ma ricca di nutrienti come nitrati e fosfati, trasportati dalle correnti di risalita.

Un particolare meccanismo

La “neve marina” rappresenta una delle principali modalità con cui il carbonio viene trasportato negli abissi oceanici. Composta da escrementi, carcasse di plancton e altre particelle organiche, essa affonda gradualmente verso i fondali, portando con sé carbonio che può essere stoccato per lunghi periodi. Questo processo di affondamento è cruciale per il bilancio globale del carbonio, poiché gli oceani assorbono miliardi di tonnellate di carbonio ogni anno, riducendo la concentrazione di CO2 nell’atmosfera. 

Una parte della neve marina non affonda direttamente, ma subisce una sorta di “digestione” biologica ad opera di batteri e altri microrganismi presenti nell’oceano. Questi microbi possono ridurre la velocità di affondamento e influire sul quantitativo di carbonio che effettivamente raggiunge i fondali marini. Sebbene i ricercatori abbiano ampi dubbi sulla quantità effettiva di carbonio che viene immagazzinata in modo permanente nei fondali, il processo rimane un elemento chiave nel ciclo globale del carbonio, contribuendo al raffreddamento dell’atmosfera attraverso il sequestro di CO2.

Illustrazione di alcune particelle nell'oceano (Pixabay)
Illustrazione di alcune particelle nell’oceano (Pixabay FOTO) – www.marinecue.it

Una scoperta molto utile

Gli scienziati stanno facendo progressi significativi nell’indagare i meccanismi che legano la superficie oceanica ai fondali. Studi recenti hanno identificato che specifiche popolazioni di batteri, che si nutrono di fitoplancton e dei lipidi che questo contiene, giocano un ruolo determinante nel processo di degradazione della neve marina. Questi batteri sono particolarmente efficaci nell’influenzare la quantità di biomassa contenente carbonio che effettivamente si deposita sui fondali marini.

La materia organica particolata, come i lipidi, costituisce una porzione significativa del carbonio oceanico, e la selettività dei microbi nell’alimentarsi di essa ha impatti diretti sulla capacità dell’oceano di stoccare il carbonio. Ricercatori come Colleen Durkin e Benjamin Van Mooy stanno utilizzando telecamere autonome per osservare le particelle di neve marina in tempo reale e monitorare come si comportano in diverse condizioni ambientali.