Plastiche in mare, arrivata la soluzione definitiva al problema | Scienziati hanno appena svelato che basta questo per discioglierle senza danni
Gli oceani sono bombardati da tonnellate di plastica e di altri rifiuti che inquinano, ma potrebbe esserci una soluzione inaspettata.
Gli oceani ospitano enormi distese di rifiuti, note come “isole di spazzatura”, immense aree in cui i detriti galleggianti si accumulano, intrappolati dalle correnti oceaniche.
La più nota è il Great Pacific Garbage Patch, situato nell’Oceano Pacifico, tra California e Hawaii. Qui, milioni di tonnellate di plastica si muovono in un vortice continuo, frammentandosi in pezzi sempre più piccoli.
Questi detriti provengono da ogni parte del mondo, portati dai fiumi, dalle coste e dalle attività industriali. Sono rifiuti che impiegano centinaia di anni per degradarsi.
Il problema è enorme e richiede una presa di coscienza collettiva. Agire per ridurre l’uso della plastica è essenziale per preservare la bellezza e la salute dei nostri oceani e, con essa, del pianeta intero.
Una minaccia invisibile
Le nanoplastiche, piccole particelle di plastica che misurano meno di un millesimo di millimetro, sono ormai ovunque: dai fondali dei nostri mari ai ghiacci artici, queste particelle si sono diffuse fino a raggiungere ogni angolo del pianeta. Derivano dalla degradazione della plastica e sono talmente piccole da sfuggire ai tradizionali sistemi di filtrazione, accumulandosi progressivamente nell’ambiente e lungo la catena alimentare. A causa della loro minuscola dimensione, queste particelle possono facilmente entrare negli organismi viventi e raggiungere organi vitali come i reni, aumentando la concentrazione nel nostro corpo man mano che risalgono la catena alimentare.
L’accumulo di nanoplastiche nei nostri corpi potrebbe provocare effetti a lungo termine ancora poco conosciuti, con rischi che toccano aspetti fondamentali come la regolazione degli ormoni e la salute riproduttiva. Per questo motivo, la scienza sta cercando soluzioni non solo per misurare e capire meglio l’impatto di queste particelle, ma anche per trovare metodi efficaci che possano davvero liberare l’ambiente dalle nanoplastiche.
Delle soluzioni innovative
Per rimuovere le nanoplastiche dall’acqua, gli scienziati stanno sviluppando diverse tecniche innovative. Una delle più tradizionali è la filtrazione, che utilizza membrane speciali per trattenere le particelle plastiche. Tuttavia, questo metodo, efficace su piccola scala, non si adatta facilmente a grandi corpi d’acqua come oceani e laghi. Un’altra soluzione studiata consiste nel ricorrere a batteri o altri microrganismi in grado di degradare naturalmente le plastiche. Ma la novità più interessante è rappresentata da speciali solventi idrofobici, capaci di separare le nanoplastiche dall’acqua in modo rapido e non tossico. Questi solventi non si mescolano con l’acqua e, come l’olio, formano una fase separata, che può catturare e trattenere le particelle plastiche.
Il processo sfrutta l’affinità dei solventi per la plastica e si basa sulla cosiddetta estrazione liquido-liquido. La miscela di solventi e acqua crea strati distinti, portando a galla le particelle di plastica in modo naturale. I risultati di laboratorio sono promettenti: solventi come il timolo e il mentolo hanno dimostrato di funzionare in condizioni sia di acqua dolce che salata, e potrebbero essere utilizzati su larga scala per rimuovere le nanoplastiche.