‘Bisogna assolutamente restituire le terre al mare’ | È l’unica soluzione per evitare inondazioni e alluvioni

Zona umida (Pixabay foto)

Zona umida (Pixabay foto) - www.marinecue.it

Con gli effetti sempre più imprevedibili e dannosi del cambiamento climatico, urge restituire la terra al mare. 

Restituire le terre al mare. Una scelta che può sembrare controintuitiva. In un periodo in cui proteggere il suolo agricolo è praticamente sacro, abbandonare parte della costa per lasciare che il mare si riprenda quello che una volta era suo è una proposta che divide le persone.

Le zone umide costiere, come le paludi e le lagune, non sono solo pittoreschi rifugi per uccelli e piante rare. Hanno una funzione ben più pratica: sono una specie di “spugna” naturale che può assorbire le piogge torrenziali e attenuare le ondate di piena.

In effetti, questa idea di “ritorno” al mare è vista da alcuni come una genialata ecologica e da altri come una perdita assurda di terreno produttivo. Ci sono contadini che vedono queste riconversioni come un colpo basso alla loro attività. L’idea di “sacrificare” ettari di terra per farci una palude non va giù facilmente.

Allo stesso tempo, questo tipo di interventi porta benefici ecologici importanti. Gli scienziati dicono che queste aree umide sono perfette per assorbire CO₂ e migliorare la qualità dell’aria. E sì, la CO₂ non la intrappolano solo gli alberi!

Ripensare la sicurezza ambientale

Con tutti i cambiamenti climatici, sembra proprio che le soluzioni classiche come dighe, argini e barriere non bastino più. In pratica, gli eventi meteo estremi hanno superato un po’ tutte le previsioni, e le tecniche “vecchio stile” si mostrano sempre più deboli. Qualcuno inizia a pensare che forse sarebbe meglio sfruttare l’azione delle zone umide e lasciare che ci proteggano da alluvioni e mareggiate come una “difesa” naturale. Ripristinare queste aree, in un certo senso, potrebbe essere la chiave per un approccio meno invasivo e, tutto sommato, più sostenibile.

Avere queste paludi e zone umide vicine non significa solo difendersi dalle acque, ma anche contrastare l’effetto serra. Sono vere e proprie riserve di CO₂. Alcuni esempi dimostrano come queste aree assorbano anche più CO₂ delle foreste. A livello teorico, ripristinare un habitat del genere potrebbe non sembrare la risposta più immediata, ma i numeri ci fanno riflettere: che sia un’idea da esplorare più a fondo?

Scorcio di una palude (Pixabay foto)
Scorcio di una palude (Pixabay foto) – www.marinecue.it

Una prova concreta in Inghilterra

Prendiamo l’Inghilterra, ad esempio, dove questo approccio è stato messo alla prova. Un progetto su una penisola della contea di Somerset ha trasformato parte del territorio in un’enorme palude salmastra. La cosa divertente è che, nonostante lo scetticismo iniziale (e neanche poco!), questo esperimento ha funzionato: la palude ha effettivamente protetto i villaggi durante l’ultimo anno, che tra l’altro è stato uno dei più piovosi di sempre nella zona. Senza barriere, senza dighe in più: solo natura al lavoro.

Incredibilmente, la zona non solo ha resistito all’acqua, ma ha anche attirato diverse specie di uccelli e animali, tanto da diventare una vera attrazione per i visitatori. Il risvolto ecologico ha colpito: si stima che questo “cuscinetto” naturale annulli una quantità di CO₂ pari a quella prodotta dal riscaldamento di decine di migliaia di case. Un risultato che, dieci anni fa, nessuno si sarebbe aspettato di vedere in questo modo.