Oceani, qui continua la II Guerra Mondiale | Gli ecosistemi marini sono stati completamente stravolti: i relitti delle navi affondate continuano a far danni
I fragili ecosistemi marini sono costantemente bombardati dalle attività umane che ne modificano la composizione, come i relitti.
I relitti sono resti di navi affondate, spesso preservati sott’acqua per decenni o persino secoli. Queste strutture, talvolta in parte integre o rovinate, rappresentano una finestra sul passato marittimo e sulle storie drammatiche di naufragi e battaglie.
Oltre al loro valore storico, i relitti sono importanti ecosistemi sottomarini. Con il tempo, le loro superfici metalliche o lignee diventano habitat per coralli, alghe e altre forme di vita marina, attirando pesci e altre specie.
Molti relitti sono mete turistiche e attraggono subacquei da tutto il mondo per le immersioni. Le esplorazioni su questi siti permettono di osservare oggetti d’epoca, armi e talvolta interi spazi interni ancora conservati.
I relitti sono protetti da leggi che ne regolano l’esplorazione per preservarne l’integrità storica e ambientale. Tuttavia, la loro bellezza e mistero continuano a richiamare l’interesse e la curiosità di studiosi e appassionati.
Le navi della II Guerra Mondiale
Durante la Seconda Guerra Mondiale furono affondate oltre 8.000 navi militari, diffuse in tutti i principali teatri marittimi del conflitto. La maggior parte di questi affondamenti si concentrò nel Mediterraneo, nel Canale della Manica, nel Pacifico e nell’Atlantico, ma anche zone meno frequentate, come il Mar Rosso, videro sprofondare numerosi relitti sui loro fondali. Le imbarcazioni affondate portavano spesso grandi quantità di carburante e munizioni, diventando veri e propri depositi sommersi di materiali pericolosi, la cui stabilità è stata messa alla prova dal tempo e dall’azione del mare.
Con il passare degli anni, questi relitti iniziati hanno a costituire un pericolo crescente, poiché le loro strutture, arrugginite e indebolite, rischiano di rilasciare i carichi pericolosi nel mare circostante. Le stive sigillate, originariamente progettate per proteggere il contenuto durante le operazioni militari, ora rappresentano una minaccia per l’ecosistema marino, con sostanze chimiche e greggio che potrebbero riversarsi nell’acqua. La presenza di questi materiali altamente tossici, rimasti intatti per decenni, costituisce un’eredità negativa della guerra che molti porterà una bomba a orologeria ambientale.
Un problema da non sottovalutare
Uno studio pubblicato sulla rivista NewScientist ha recentemente riportato l’attenzione sui pericoli derivanti dai carichi dimenticati di queste navi affondate. Oltre al rischio di gravi contaminazioni marine, c’è la possibilità che alcune munizioni rimaste attive rappresentino una minaccia per pescatori e turisti. Un caso significativo si è verificato nel 2001, quando la petroliera militare statunitense US Mississinewa, affondata nel 1944, ha rilasciato oltre 20.000 tonnellate di greggio tra le isole della Micronesia, causando ingenti danni ambientali. I timori della comunità scientifica sono oggi rivolti a molti altri relitti simili, che rischiano di compromettere irreparabilmente gli ecosistemi e le attività umane in mare.
A complicare la situazione è la mancanza di accordi internazionali per la gestione di questi relitti, poiché nessun paese coinvolto nella guerra sembra disposto ad assumersi le responsabilità economiche per i potenziali danni ambientali. Le imbarcazioni, spesso posizionate in aree costiere o vicino a comunità di pescatori, minacciano così le popolazioni locali, che vivono in un contesto di crescente incertezza e rischio.