Era scomparso da 250 milioni di anni | L’Oceano Pacifico lo ha riportato alla luce: un dono enorme a tutta l’umanità
Una scoperta eccezionale nell’Oceano Pacifico. Non si avevano testimonianze da milioni di anni ed ora è stata riportata alla luce.
L’Oceano Pacifico, il più grande e profondo oceano del mondo, si estende per circa 168 milioni di chilometri quadrati, coprendo più della metà della superficie acquatica del pianeta.
I suoi fondali, ricchi di risorse naturali, offrono habitat a numerosi ecosistemi marini, rendendolo un’importante risorsa per la pesca e l’industria. Il Pacifico è circondato da diverse nazioni e culture, ognuna con legami unici con l’oceano.
La sua immensa massa d’acqua influenza i modelli di temperatura e di umidità, contribuendo a fenomeni come El Niño e La Niña, che possono avere impatti significativi sulle condizioni meteorologiche in tutto il mondo.
Le sue rotte marittime sono fondamentali per il trasporto di merci tra i continenti, collegando economie e culture. Le infrastrutture portuali, come quelle di Los Angeles, Hong Kong e Tokyo, sono tra le più trafficate al mondo, facilitando lo scambio commerciale e contribuendo all’interconnessione globale.
Un antico “abitante” dell’Oceano Pacifico
Un team di ricercatori dell’Università del Maryland, guidato dal geologo Jingchuan Wang, ha fatto una straordinaria scoperta nel mantello terrestre: i resti di un’antica crosta oceanica che si trovava nel fondale marino dell’Oceano Pacifico sudorientale, risalente a 250 milioni di anni fa, durante l’era dei dinosauri. Questa porzione di crosta, sepolta tra 400 e 700 km di profondità, è stata identificata grazie all’analisi della velocità delle onde sismiche. La scoperta di questa struttura offre un’importante opportunità per comprendere le dinamiche interne della Terra e il loro impatto sui movimenti delle placche tettoniche.
L’analisi ha rivelato che i resti dell’antico fondale marino sono associati alla dorsale del Pacifico orientale, un inarcamento del fondale oceanico che separa diverse placche tettoniche. La comprensione di come questi movimenti avvengono è fondamentale per gli studiosi, poiché contribuisce a delineare i processi che influenzano l’attività vulcanica e sismica. I ricercatori hanno utilizzato un metodo di imaging sismico, simile a una tomografia assiale computerizzata, per ottenere una mappa dettagliata dell’area.
Le implicazioni della scoperta
La scoperta della struttura sepolta è significativa non solo per le sue dimensioni, ma anche per le informazioni che fornisce sulla subduzione delle placche oceaniche. Durante il processo di subduzione, le placche si fondono e vengono riassorbite nel mantello terrestre, e la nuova scoperta suggerisce che la porzione di crosta sprofondante non è ancora completamente fusa. Inoltre, i dati raccolti indicano che questo lembo di placca sta affondando più lentamente rispetto alla norma.
Secondo Wang, la bassa velocità di affondamento suggerisce che la zona di transizione del mantello potrebbe agire come una barriera, rallentando il movimento del materiale all’interno della Terra. Questa scoperta permette ai geologi di “osservare” il processo di subduzione in un modo che prima era possibile solo tramite i vulcani sulla superficie terrestre. La mappatura di queste antiche zone di subduzione potrebbe svelare ulteriori misteri sulla storia del nostro pianeta e sulla sua evoluzione nel tempo. In futuro, i ricercatori hanno in programma di estendere le loro indagini ad altre aree dell’Oceano Pacifico per arricchire la nostra comprensione delle dinamiche geologiche globali.