‘Punto Nemo’: quando l’astronomia incontra l’oceanologia | Addio alla ISS e gli scienziati insorgono per le conseguenze nei mari: ‘ Vogliamo garanzie’

Mare in tempesta

Mare in tempesta (Depositphotos) www.marinecue.it

Preoccupazione tra gli oceanologi per via della dismissione della Stazione Spaziale Internazionale. Scopri i dettagli.

L’oceano è un luogo di misteri e meraviglie. Con la sua vastità e profondità, ospita alcune delle forme di vita più antiche e straordinarie del pianeta. Le sue correnti regolano il clima terrestre, e le sue acque forniscono cibo e sostentamento a miliardi di persone. Tuttavia, nonostante la sua immensità, l’oceano è fragile e vulnerabile ai cambiamenti climatici e alle attività umane.

Allo stesso modo, l’astronomia è una scienza che ci permette di guardare oltre il nostro pianeta, esplorando l’universo in cerca di risposte alle domande fondamentali sulla nostra esistenza. Da millenni, gli esseri umani osservano il cielo per orientarsi, scoprendo nuovi pianeti, stelle e galassie, cercando di comprendere le dinamiche che regolano il cosmo. Oggi, grazie alle tecnologie avanzate, possiamo monitorare ogni angolo del nostro sistema solare e oltre.

Ma, sorprendentemente, questi due mondi apparentemente distanti – l’oceano e l’astronomia – sono più legati di quanto si possa pensare. Molte delle scoperte più importanti fatte nello spazio hanno trovato applicazioni nella scienza marina. Ad esempio, i satelliti orbitanti sono fondamentali per monitorare lo stato di salute degli oceani, rilevando la temperatura delle acque, l’innalzamento del livello del mare e persino l’inquinamento.

Nonostante questi contributi, l’interazione tra l’esplorazione spaziale e gli oceani non è sempre stata priva di controversie. Da decenni, infatti, una parte remota del Pacifico è diventata il punto di inabissamento di veicoli spaziali dismessi. Questa zona, conosciuta come Punto Nemo, si trova a migliaia di chilometri da qualsiasi terra emersa ed è considerata il ‘cimitero delle navi spaziali’.

Preoccupazioni per l’inabissamento della ISS

Entro il 2031, anche la Stazione Spaziale Internazionale sarà destinata a cadere nell’oceano, in quella che sarà la più grande operazione di questo tipo mai realizzata. Con le sue 420 tonnellate, la Iss brucerà in parte nell’atmosfera, ma alcuni resti finiranno nelle acque del Pacifico. Mentre questa pratica è stata adottata per decenni, preoccupazioni stanno emergendo tra gli studiosi degli oceani e gli ambientalisti.

Nonostante le rassicurazioni, c’è timore che i detriti più resistenti della stazione possano avere un impatto negativo sugli ecosistemi marini. L’oceano, già stressato dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici, potrebbe subire ulteriori danni da queste operazioni.

Mare pericoloso
Mare pericoloso (Deposiphotos) www.marinecue.it

L’impatto dell’esplorazione spaziale sugli oceani

L’inabissamento dei resti spaziali, incluso quello della Iss, solleva domande cruciali sul lungo termine. Gli scienziati si interrogano su come materiali resistenti alle alte temperature, che non bruceranno del tutto nell’atmosfera, possano interagire con la fauna marina. La preoccupazione principale riguarda la possibile dispersione di sostanze tossiche nei fondali marini, un problema che si è già manifestato in passato con l’abbandono di rottami spaziali e altre tecnologie dismesse.

Nonostante le indagini in corso da parte della Nasa e di altre agenzie, rimangono incertezze sui reali rischi per l’ambiente oceanico. La necessità di trovare soluzioni alternative per smaltire i veicoli spaziali sarà una priorità per le future missioni, poiché la pressione sugli oceani continua ad aumentare.