Al Polo Nord sta scomparendo il ghiaccio | Conseguenze terrificanti per tutti: innalzamento e riscaldamento dei mari e distruzioni degli ecosistemi

Rompighiaccio

Nave rompighiaccio in navigazione (Pixabay Foto) - www.marinecue.it

La progressiva scomparsa del ghiaccio al Polo Nord avrà conseguenze disastrose sugli ecosistemi e sull’innalzamento del mare. 

L’arrivo dell’inverno al Polo Nord è un momento di trasformazione per l’intero pianeta. Ogni anno, l’Oceano Artico, che durante l’estate si riduce notevolmente, inizia lentamente a riformare il suo strato di ghiaccio. Questo ciclo stagionale è una parte fondamentale del sistema climatico globale, influenzando non solo la vita nel nord estremo, ma anche l’equilibrio degli oceani e dell’atmosfera.

Le estati artiche, caratterizzate da lunghe giornate di luce ininterrotta, vedono un rapido scioglimento del ghiaccio marino. Questo fenomeno, che si ripete anno dopo anno, viene monitorato da scienziati e istituti di ricerca in tutto il mondo. Ogni variazione nella dimensione della banchisa, per quanto piccola, può rivelare informazioni cruciali sui cambiamenti climatici in atto. Tuttavia, anche se la banchisa si riduce in estate, il ghiaccio continua a crescere di nuovo durante l’inverno.

L’influenza del Polo Nord non si limita alla regione artica stessa. Il ghiaccio marino riflette una grande quantità di radiazione solare nello spazio, proteggendo il nostro pianeta da un ulteriore riscaldamento. Ma quando il ghiaccio si scioglie, l’oceano scuro sottostante assorbe più calore, contribuendo all’aumento della temperatura globale. Questo effetto, conosciuto come amplificazione artica, sta diventando un elemento centrale negli studi sui cambiamenti climatici.

La crescita invernale del ghiaccio porta con sé nuove speranze, ma anche timori per il futuro. Il ghiaccio che si forma ora è meno stabile e più sottile rispetto a quello che dominava in passato. La sua superficie ridotta e la sua fragilità rappresentano una sfida per molte specie che dipendono dal ghiaccio marino, come gli orsi polari e le foche. Gli studiosi si interrogano se queste trasformazioni porteranno a un’ulteriore perdita di biodiversità nell’Artico.

Il cambiamento della banchisa artica

Nonostante la consueta crescita invernale del ghiaccio, le analisi mostrano che l’estensione complessiva della banchisa marittima artica è tra le più ridotte mai registrate. Secondo i dati del National Snow and Ice Data Center (NSIDC), quest’anno, l’estensione minima del ghiaccio è stata raggiunta l’11 settembre e si attesta a circa 4,28 milioni di chilometri quadrati. Questo dato colloca il 2023 al settimo posto tra le estensioni minime registrate negli ultimi 46 anni.

Le cause di questa riduzione sono legate all’innalzamento delle temperature dell’aria e del mare, che sta avvenendo più velocemente nell’Artico rispetto ad altre regioni. Studi recenti mostrano che negli ultimi quarant’anni l’estensione del ghiaccio estivo si riduce del 10% ogni decennio. Anche se negli ultimi anni si è osservato un lieve rallentamento, la tendenza generale rimane preoccupante.

Circolo Polare Artico
Circolo Polare Artico (Pixabay foto) – www.marinecue.it

Un futuro incerto per l’artico

Secondo le previsioni scientifiche, con questo ritmo il ghiaccio marino artico potrebbe scomparire quasi del tutto durante l’estate entro la metà del secolo. Questa drastica trasformazione avrà conseguenze globali, non solo per le specie che vivono nella regione, ma anche per il clima mondiale. La riduzione del ghiaccio pluriennale, spesso e stabile, è particolarmente allarmante: dal 1980, questo si è ridotto di almeno il 90%.

Il ghiaccio pluriennale, spesso tra i tre e i quattro metri, non solo riflette più efficacemente la luce solare rispetto al ghiaccio più sottile che si forma di anno in anno, ma è anche meno vulnerabile allo scioglimento. La sua perdita ha un impatto diretto sugli ecosistemi locali, mettendo a rischio numerose specie adattate a condizioni di freddo estremo. Inoltre, la scomparsa di questo ghiaccio antico potrebbe accelerare ulteriormente il riscaldamento dell’oceano e contribuire a destabilizzare le correnti marine, con effetti potenzialmente devastanti anche per il clima globale.