Tecnologie per studiare i coralli: il sensore SOLARIS

The developmental chemical sensor (SOLARIS) is a centerpiece of the expedition. SOLARIS is used in the ocean to make measurements of a fleetingly scarce compound called superoxide, a reactive oxygen species. SOLARIS utilizes the property chemiluminescence, a chemical reaction that produces light. The sensor SOLARIS enables scientists to bring the high-precision analyses of a chemistry laboratory to depths of up to 4500 meters to better understand the chemical dynamics of reactive oxygen, which researchers hope to use in understanding the corals' abilities to defend against pathogens and stress.

Migliorare le tecnologie per studiare i coralli permette alla comunità scientifica di approfondirne lo studio. Diventano particolarmente fondamentali le innovative tecniche per esaminare lo stato di salute dei coralli ma anche per riconoscere differenze tra le varie specie. Durante una spedizione durata 20 giorni, un team di ricercatori ha testato SOLARIS, un sensore estremamente efficace per condurre studi a elevate profondità.

Le migliori tecnologie per studiare i coralli sono quelle che vincono l’oscurità

Risulta molto complicato condurre studi in aree poco illuminate ma fortunatamente la tecnologia moderna fa la sua parte. I ricercatori della Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI), della Lehigh University e dell’Università di Porto Rico, hanno partecipato ad una spedizione molto importante. Durante questa missione, durata 20 giorni, hanno testato una tra le migliori e innovative tecnologie per studiare i coralli: SOLARIS. Quest’ultimo è un sensore chimico che permette di osservare i coralli anche in condizioni di scarsa illuminazione.

Il sensore SOLARIS è tra le migliori tecnologie per studiare i coralli

SOLARIS è l’acronimo di Submersible Oceanic Chemiluminescent Analyzer of Reactive Intermediate Species. Come suggerisce il nome completo, sfrutta la chemiluminescenza per osservare obiettivi scarsamente illuminati. Attraverso una reazione chimica, infatti, il sensore produce una propria luce ed ha la capacità di misurare le specie reattive dell’ossigeno (ROS). Queste specie prima dette portano sono sia essenziali che dannose per la salute di tutti gli esseri viventi.

Gli animali producono ROS durante lo svolgimento di funzioni biologiche di base (ad esempio mentre mangiano) ma anche mentre rispondono ad agenti patogeni e stress. La difficoltà nella rilevazione dei ROS sta nel fatto che hanno una vita brevissima: circa 30 secondi in ambiente marino.

I ricercatori hanno scoperto che la quantità di ROS formata dai coralli nell’area di Porto Rico varia tra le specie di corallo. Si è visto poi che l’ammontare di ROS risulta sostanzialmente inferiore alla quantità già osservata in precedenza nell’Oceano Pacifico. Questa osservazione è la base da cui partire per apprendere come i cambiamenti climatici stanno influenzando la vita dei coralli nelle diverse aree del mondo. SOLARIS ha dimostrato di possedere grande potenziale ma può ancora migliorare. Sicuramente tale sensore contribuirà allo sviluppo delle future tecnologie per studiare i coralli.

Perché è importante studiare i coralli?

I coralli hanno generalmente una buona capacità di difendersi da stress e agenti patogeni. Ciò che provoca più danni è il cambiamento climatico e le varie specie reagiscono in maniera differente. Risulta importante allora comprendere ciò che regola le reazioni chimiche che avvengono nelle profondità oceaniche e capire come i coralli riescono a sopravvivere alle variazioni ambientali. Dagli studi effettuati in laboratorio si sa che i coralli producono perossido di idrogeno se feriti. Sensori come SOLARIS possono quindi fornire indicazioni precise sullo stato di salute dei coralli.

Impiegando soprattutto droni subacquei gli scienziati scoprono nuove aree popolate dai coralli prima sconosciute. È un esempio quanto accaduto a Desecheo Ridge, una parte del Desecheo National Wildlife Refuge a ovest di Porto Rico, dove le nuove tecnologie per studiare i coralli hanno dimostrato una ricca varietà di specie prima ignota. Queste scoperte sono molto importanti perché permettono di avanzare richieste per l’espansione delle aree marine protette.

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