Il termine pesca individua l’attività di cattura delle specie marine come pesci, molluschi e crostacei, ed ha da sempre accompagnato lo sviluppo dell’attività umana. Come sempre accade per una qualsiasi attività umana, sia per diletto (si pensi alla pesca sportiva) che per necessità, con l’obiettivo di incrementare l’efficienza della pesca anche in questo caso si è assistito ad un notevole progresso tecnologico che ha portato all’ottimizzazione delle carene dei pescherecci, navi estremamente performanti e progettate per affrontare anche le tempeste più pericolose, al miglioramento dei propulsori e, infine, all’uso di strumenti di cattura sempre più all’avanguardia. Questo imponente sviluppo tecnologico, unito ad una sempre più profonda conoscenza delle zone e delle stagioni di migrazione delle specie marine, portò ad un connubio fatale che costrinse gli Stati ad iniziare a normare sia i periodi in cui è concessa l’attività, sia le specie da catturare, con il nobile obiettivo di salvaguardare la biodiversità della flora e fauna marina. Nonostante questo tentativo sono molti gli Stati, soprattutto quelli in via di sviluppo, che concedono lo svolgimento della pesca a strascico, una delle varianti più nocive e dannose in termini ambientali.
Il termine pesca a strascico individua una metodologia di pesca condotta attraverso il traino di una rete sul fondo del mare; quest’ultima ha forma conica ed è costituita da tre differenti parti:
Questa tipologia di rete consente anche la partecipazione contemporanea di due differenti pescherecci all’attività. Infatti, le due navi si andrebbero a disporre ai lati della bocca afferrando le cosiddette ali, ossia due lunghe strisce di forma triangolare. Nel caso in cui la pesca venisse svolta da una sola nave le aperture che consentono alla rete di mantenersi aperta sono dette porte. Poiché la pesca a strascico prevede il prelievo dal fondale delle specie marine è prevista l’installazione di piombi e catene nella parte della bocca e delle ali che strascicano sul fondale. Il compito di queste armature è quello di smuovere il sedimento determinando la fuoriuscita del pescato. Durante l’operazione delle boe galleggianti mantengono aperte la bocca.
Questa appena descritta è la configurazione generale e tradizionale di una rete da strascico, dopodiché la sua dimensione e la sua forma sono particolarizzate a seconda del pescato da catturare; a titolo di esempio la rete gangamella è estremamente piccola in quanto utilizzata per la cattura dei gamberetti durante le ore notturne; il rapido si usa per razze, molluschi e pesci piatti. Ovviamente quanto appena esposto concerne la pesca in mare, ben diversa è la struttura di una rete finalizzata ad operare in lagune ed ambienti salmastri.
La semplice e rapida analisi dello svolgimento e delle attrezzature della pesca a strascico permette di intuire l’impatto elevatissimo che ha sull’ambiente una tale tipologia di pesca. Infatti, tale attività è caratterizzata sia dalla scia di devastazione che lascia dietro di sé, sia dalla non selettività. Infatti, le reti a strascicano distruggono e catturano tutto ciò che trovano sul suo cammino, coralli e non, specie protette e non, specie commerciali e non. Proprio per evitare tale impatto ambientale la pesca a strascico viene vietata per certi periodi di tempo detti fermo biologico per dare il tempo alle specie marine di riprodursi ed è vietata anche sotto costa, dove sono più sviluppati gli ecosistemi complessi. In parallelo, al fine di evitare la cattura di specie non commerciali, azione detta bycatch, soprattutto di giovane età, si aumentano le dimensioni delle maglie della reta.
Sul piano normativo italiano sono stati molteplici i tentativi di rendere più sostenibile la pesca a strascico. Sulla scia dell’ultima osservazione del precedente capoverso, la misura minima delle reti da pesca non deve essere inferiore ai 40mm. Inoltre, viene del tutto vietata nelle zone dove maggiormente fiorisce la flora marina, quindi sotto costa, tradotto in numeri si parla di divieto entro le 3 miglia nautiche (circa 5,5km) e a profondità inferiori ai 50 metri.
Fortunatamente, anche a livello comunitario l’UE ha mosso i primi passi per una seria regolamentazione e progressiva soppressione della pesca a strascico. Infatti, è stato emanato un insieme di norme con l’obiettivo di rendere sempre più sostenibile l’attività della pesca e va sotto il nome di Marine Action Plan. Uno dei punti di forza è la progressiva riduzione della pesca a strascico nelle aree protette. Infatti, l’obiettivo è la riduzione fino al 30% della pesca a strascico nel triennio compreso tra il 2024 ed il 2027, fino ad un completo stop nel 2030.
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