La nave Andrea Doria fu un transatlantico italiano varato nel 1951 e naufragato pochi anni dopo, ovvero nel 1953. Il drammatico incidente che stroncò la sua carriera ebbe forti ripercussioni sulla compagnia di navigazione Italia – Società di Navigazione (o Società Italia). La tragedia, infatti, spinse la compagnia ad applicare norme più stringenti in termini di sicurezza per le successive navi Michelangelo e Raffaello.
Si definisce transatlantico una grande nave passeggeri, in particolare adibita al trasporto di persone tra Europa e America. Lo sviluppo di queste tipologie di unità si può collocare durante il periodo della Prima guerra mondiale: un esempio noto a tutti per la sua drammatica storia è il transatlantico RMS Titanic naufragato nel 1912.
La nave Andrea Doria era un transatlantico della Società Italia. Con grande attenzione verso l’estetica, la nave Andrea Doria fu tra le più lussuose navi passeggeri dell’epoca. Uno speronamento durante una giornata di nebbia fitta pone fine al servizio di una delle più belle e invidiate navi italiane.
Altri importanti transatlantici italiani furono invece le navi Michelangelo e Raffaello. Anche se gemelle, presentavano piccole differenze in stazza, velocità e soprattutto arredamento. Il destino di queste due navi non fu più felice di quello della Andrea Doria: vendute infine all’Iran furono depredate durante la guerra tra Iran e Iraq degli anni ’80. I transatlantici hanno dominato i viaggi verso il Nuovo Mondo fino al perfezionamento del trasporto aereo; dagli anni ’60 in poi, infatti, i transatlantici iniziano a perdere progressivamente importanza.
Nato a Oneglia nel 1466, Andrea Doria fu un condottiero della Repubblica di Genova, città in cui morì nel 1560. Principe di Melfi, la sua storia è legata a quella de “La Superba”, per cui combatté contro potenze europee e arabe. Per un periodo fu anche comandante della flotta pontificia.
Il sogno di Andrea Doria era quello di rendere indipendente Genova dalle forze straniere. Lottò una vita intera e fu un avversario formidabile in particolare di francesi e turchi. Una delle sue imprese più importanti fu la riconquista della Corsica. Nel 1553, Francia e Impero Ottomano unirono le forze per strappare l’isola alla Repubblica di Genova ma Andrea Doria riuscì a riprendere gran parte dei territori perduti. Le ostilità terminarono nel 1559 col trattato di Cateau-Cambrésis quando la Francia restituì interamente la Corsica a Genova.
La nave Andrea Doria era lunga quasi 214 metri e larga circa 28 metri. Con una stazza lorda di 29.950 tonnellate, fu tra le più belle del suo tempo. Fu la prima nave italiana a possedere tre piscine aperte, distinte per classe di passeggeri e tra le primissime ad avere impianti di condizionamento al servizio di tutti gli ambienti dei passeggeri ma anche dell’equipaggio.
A curare gli interni furono più personalità di spicco, quali ad esempio il designer Giulio Minoletti, che lavorò anche a bordo della Leonardo da Vinci e Cristoforo Colombo, e Gio Ponti, affermato architetto del dopoguerra nel panorama internazionale. Furono spesi oltre 1 milione di dollari solo per gli arredi: molte opere d’arte furono realizzate unicamente per la nave Andrea Doria, come la statua del condottiero genovese a grandezza naturale.
Questa grande attenzione al gusto costò però una minore attenzione verso le prestazioni. Il transatlantico Andrea Doria era un piroscafo, la cui propulsione era costituita da due impianti di turbine a vapore che servivano una coppia di eliche a tre pale. La velocità di crociera misurava 23 nodi mentre quella massima poco meno di 27 nodi. Sicuramente, dal punto di vista ingegneristico, risultava meno importante rispetto ad altre navi passeggeri dell’epoca, più grandi e performanti, ma in quanto a raffinatezza era decisamente la più apprezzata.
Gli anni di servizio della nave Andrea Doria finirono tragicamente. Prima di raccontare ciò che avvenne è doveroso precisare che all’epoca le compagnie di navigazione non erano tenute a rispettare le norme della SOLAS, in quanto quelle regole avevano solo valore di suggerimento. La compagnia Società Italia, ciononostante, seguì la normativa durante la costruzione del transatlantico Andrea Doria, così come di altre navi. L’obiettivo era quello di rendere quanto più sicura possibile la navigazione, ecco perché spesso si andò oltre la SOLAS con accorgimenti che puntavano a migliorare ulteriormente la sicurezza a bordo.
Questi tentativi si dimostrarono però vani quando il transatlantico Andrea Doria incontrò lungo la rotta la motonave svedese Stockholm. Era il 25 luglio del 1956 e sappiamo che quel giorno una fitta nebbia rendeva impossibile la reciproca rilevazione ad occhio nudo dei battelli. Alle ore 23:10, l’Andrea Doria applicava le normali procedure in caso di nebbia, ovvero riduceva la velocità ed emetteva segnali acustici per palesare la sua presenza. Dalle fonti sappiamo che al contrario la nave svedese non si preoccupò di fare altrettanto, continuando a navigare senza preoccuparsi di annunciarsi in qualche modo.
Purtroppo, le due navi si accorsero di essere sulla stessa rotta troppo tardi e non potendo applicare alcuna manovra di evasione finirono con lo scontrarsi. L’urto fu tremendo, anche perché la Stockholm possedeva una prua rompighiaccio che letteralmente lacerò per intero il transatlantico italiano incontrato quasi ortogonalmente e incapace di arrestarsi. Già a causa dell’urto morirono 46 passeggeri della Andrea Doria e 5 della Stockholm.
In seguito all’urto, il transatlantico imbarcò enormi quantità d’acqua iniziando ad inclinarsi rapidamente. L’inclinazione rese inservibili diverse scialuppe ma fortunatamente alcune navi straniere sul posto si prodigarono per aiutare il transatlantico italiano: furono prime tra tutte le statunitensi Cape Ann e Thomas, seguite dalla francese Île de France. Giunsero poi altre navi e la stessa Stockholm, la quale non rischiava l’affondamento, accolse a bordo i passeggeri in difficoltà. Si racconta che fu la Île de France a ridurre le vittime perché alla vista della nave francese i naufraghi si rassicurarono facilitando le misure di evacuazione, inoltre il battello possedeva scialuppe in numero maggiore salvando così molte più persone rispetto alle altre navi in soccorso.
Il Capitano francese era il barone Raoul de Beaudéan. Egli fu perfetto nella sua azione di soccorso: riuscì a non allertare i propri passeggeri e allo stesso tempo dare speranza ai naufraghi. Con una manovra posizionò la Île de France a poca distanza dal transatlantico, acquietando così lo specchio d’acqua e favorendo i soccorsi. Il comandante italiano Piero Calamai anche viene ricordato per la sua tenacia nel gestire la folla terrorizzata. Egli insieme al suo equipaggio misero in salvo tutti i passeggeri prima di abbandonare la nave. Si racconta che il comandante Calamai desiderava inabissarsi con la nave ma gli ufficiali lo minacciarono di seguirlo nella morte se non avesse lasciato il transatlantico con loro.
Nel 1956 si tenne un processo a New York con l’intento di fare luce sulla tragica fine del transatlantico italiano e dare giustizia alle vittime. Nonostante diverse accuse reciproche, le compagnie di navigazione si misero d’accordo e concordarono infine che l’unica causa dell’incidente fu la presenza di nebbia fitta.
Il relitto della Andrea Doria si trova si trova a 75 metri di profondità presso Nantucket, isola nel Massachusetts. Indagini successive attribuiscono una forte responsabilità al terzo ufficiale della Stockholm Carstens-Johannsen, il quale per inesperienza mal interpretò i segnali radar. Questo fatto era noto già all’epoca ma come prima detto ci fu un accordo extragiudiziale tra le due parti per motivi di interesse. La tragedia ebbe un impatto importante sulla sicurezza in mare. Furono imposte nuove regole alle compagnie armatrici con l’intento di migliorare l’addestramento degli equipaggi, soprattutto nell’uso del radar.
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