L’inquinamento acustico causato dalle attività umane disturba la vita nei fondali marini. Gli oceani non sono silenziosi come siamo portati a credere: le onde sonore permettono a molti organismi di comunicare e nuotare. I rumori umani disturbano i suoni già presenti sott’acqua a danno degli esseri viventi che se ne servono.
Il pianeta paga (noi compresi) le conseguenze di una lunga serie di incaute e scorrette scelte umane perpetuate per anni. Le forme di vita soffrono per le elevate temperature, l’acidificazione delle acque e l’intollerabile inquinamento generale di cui fa parte anche il rumore. Che i rumori rappresentino un problema per gli organismi è da tempo noto ma risulta comunque difficile valutarne concretamente gli effetti.
Uno studio condotto presso l’Alfred Wegener Institute, Helmholtz Centre for Polar and Marine Research (AWI) prova la dannosa influenza dell’inquinamento acustico su alcuni invertebrati marini. Sono stati osservati disturbi sul comportamento, la comunicazione e l’alimentazione di tali animali.
Negli oceani si propagano i rumori generati da trivelle, esplosivi, navi, imbarcazioni e droni. Un gruppo di ricercatori dell’Alfred Wegener Institute di Bremerhaven ha finalmente dimostrato attraverso uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Pollution che i rumori stressano i mammiferi marini come gli invertebrati.
I crostacei (ma anche altri animali) hanno un ruolo fondamentale poiché scavando nella sabbia per nutrirsi, areano e fertilizzano i fondali. Queste attività sono fondamentali per l’oceano perché consentono di immagazzinare più carbonio dal materiale organico che giace sui fondali ma anche di riciclare i nutrienti. Sheng V. Wang del Dipartimento di Bioscienze dell’AWI descrive la ricerca così:
“Abbiamo studiato come crostacei, molluschi e vermi sul fondale marino rispondono al rumore a bassa frequenza e quanto frequentemente e intensamente sono in grado di trasformare e sgretolare i sedimenti durante l’esposizione al rumore”.
Un rumore è a bassa frequenza se compreso tra 10 e 500 Hz. In acqua questi suoni possono viaggiare per molti chilometri. I ricercatori dell’AWI hanno studiato in laboratorio come anfipodi, vermi e vongole baltiche sono influenzati sfruttando onde con frequenze tra i 100 e 200 Hz (note come “noise eggs”). L’ecologo AWI Dr. Jan Beermann racconta:
“Dopo sei giorni, abbiamo potuto osservare chiaramente che tutte e tre le specie hanno risposto al rumore anche se appartenenti a gruppi molto diversi di animali privi di veri e propri organi per l’udito”.
Alcuni effetti dell’inquinamento acustico sono:
I ricercatori sottolineano l’urgente necessità di ricerca sul campo questo perché in laboratorio è impossibile ricreare perfettamente lo scenario oceanico. Ancora il Dr. Jan Beermann prevede che l’inquinamento acustico aumenti:
“Stiamo appena iniziando a capire come funzionano esattamente i meccanismi del rumore qui. Comprendere questo, tuttavia, è fondamentale per l’uso sostenibile dei nostri oceani”.
Il team continuerà le ricerche in altri siti AWI e chiederà supporto agli istituti di ricerca partner europei: a finanziare il progetto è la piattaforma internazionale JPI Oceans.
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