Lo studio del Moskstraumen porta a risultati straordinari dopo svariati tentativi poco soddisfacenti. Il Moskstraumen è un maelstrom che si verifica nel nord della Norvegia. Le correnti e le onde di quel luogo hanno ostacolato i convenzionali strumenti di ricerca per anni ma le cose sono cambiate. I ricercatori norvegesi, in collaborazione con Nortek, hanno affrontato lo studio del Moskstraumen in maniera diversa rispetto al passato.
L’azione delle onde e delle correnti in quel sito ha sempre messo in difficoltà i tradizionali metodi di raccolta dati. La tecnologia e il progresso hanno offerto un’alternativa a quanto finora fatto e permesso recentemente di ottenere ottimi risultati.
A rendere difficile lo studio del Moskstraumen è lo stesso fenomeno. Esso è un particolare maelstrom che avviene presso l’arcipelago Lofoten in Norvegia. Le grandi differenze di ampiezza delle maree tra il Vestfjord e il mare di Norvegia porta alla formazione di pericolose onde e vortici. In quell’area le correnti sono difatti obbligate a stringersi tra le isole portando alla nascita del maelstrom.
Il Moskstraumen è tra i più forti e pericolosi maelstrom al mondo. Le navi in transito devono stare molto attente, per non parlare delle piccole imbarcazioni. È facile intuire che condurre indagini tra forti correnti e vortici non è per nulla semplice anzi, può anche risultare pericoloso. Dopo anni di attesa, finalmente arriva un sistema che con un diverso approccio può raccogliere dati anche in quelle condizioni estreme.
I tradizionali metodi di indagine erano inefficaci come spiega il dottor Øyvind Saetra, vicecapo presso Norwegian Meteorological Institute’s division for Ocean and Ice. Usualmente per misurare le correnti oceaniche ci si serve di una linea di ormeggio che dal basso si allunga verso la superficie; sulla linea sono posti più strumenti e sensori per le misurazioni. Il problema è che quando le correnti sono troppo forti, la linea può cedere: il Moskstraumen distrugge ogni ormeggio di tale tipologia.
Gli scienziati hanno allora scelto di dispiegare il Signature500, ovvero un profiler di corrente Doppler acustico (ADCP). Questi strumenti di misura possono essere paragonati ai sonar perché sfruttano onde per ottenere dati. In particolare un ADCP emette onde acustiche e sfruttando l’effetto Doppler rileva la velocità della corrente ad una certa profondità. In questo caso la scelta è ottima poiché questi apparecchi non hanno bisogno di ormeggi ma vanno montati su telai e posizionati sul fondo del mare; ciò li espone meno all’azione distruttiva delle correnti.
Collegato ad un giunto cardanico, il Signature500 fu posto all’ingresso del bacino del Vestfjord a circa 50 m di profondità (il massimo consentito dallo strumento) per essere poi recuperato tre mesi dopo da una nave della Norwegian Coastal Agency. L’apparecchio è così riuscito a raccogliere simultaneamente info dettagliate delle onde e delle correnti in tutta la colonna d’acqua prestabilita. Per il dottor Saetra è un punto di svolta:
“Puoi mettere lo strumento sul fondo dell’oceano e misurare non solo le onde ma anche ottenere un’immagine tridimensionale delle correnti oceaniche allo stesso tempo”.
Lo studio del Moskstraumen con il Signature500 ha portato a risultati eccezionali nonostante l’asprezza del luogo. Per la prima volta gli scienziati hanno raccolto dati nello stesso istante su onde e correnti del Moskstraumen. Secondo la ricerca le correnti viaggiano almeno a 3 m/s difatti è plausibile una velocità anche maggiore. Altro importante risultato è la conferma della natura barotropica del maelstrom norvegese. Sorprendente è invece il fatto che la rottura delle onde non avviene solo quando queste viaggiano in verso opposto alla corrente ma anche quando hanno la stessa direzione ad essa. Quanto appena detto non era possibile secondo i ricercatori ma in seguito alle indagini si è invece rivelato vero, soprattutto quando l’intensità della corrente è massima.
Durante la ricerca sono emersi problemi a causa della variazione d’inclinazione dell’apparecchio. Quando l’ADCP si inclinava di oltre 10°, le misure diventavano inaffidabili. Torstein Pedersen, specialista in misure delle onde presso Nortek, aveva il compito di elaborare e correggere i dati raccolti. L’inclinazione del Signature500 causava problemi durante la misurazione dell’altezza delle onde. Gli scienziati hanno trovato una soluzione a tale problema servendosi delle bolle. Durante l’analisi dei dati, il team si è reso conto che poteva osservare e sfruttare come proxy le bolle create dalle onde che si infrangevano sulla superficie. Analizzare le bolle, come spiega Saetra, ha inoltre permesso agli scienziati di quantificare la dissipazione di energia:
“Ogni volta che un’onda si infrange perdi energia. Per ottenere il bilancio energetico corretto nei modelli d’onda, è davvero necessario avere un’ottima descrizione delle onde che si infrangono”.
Per Trygve Halsne, scienziato presso il Norwegian Meteorological Institute e PhD student dell’University of Bergen, l’uso delle bolle come proxy ed i calcoli effettuati sulla dissipazione dell’altezza delle onde hanno importanza al di là di questo particolare studio.
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