La baleneria in islanda è stata praticata per centinaia di anni. A seguito della pesca intensiva avvenuta nell’ottocento e novecento, si è creato l’IWC, International Whaling Commission. Nel 1986 è passata una moratoria internazionale alla pesca commerciale delle balene, dopo il lobbying da parte delle ONG ambientaliste quali il WWF. Solo tre stati si hanno fatto opposizione alla moratoria internazionale: la Norvegia, l’Islanda e il Giappone. L’Islanda ha però annunciato che dal 2024 smetterà di praticare la pesca alla balena a fini commerciali. Di conseguenza, rimangono solo la Norvegia e il Giappone a opporre la moratoria internazionale.
La pesca alla balena in Islanda è stata praticata fin dal medioevo. Fin dall’inizio i pescatori praticavano la pesca a fiocina o con l’arpione. Fino all’ottocento, non ci sono state evoluzioni nel modo di caccia della balena in questa zona. Successivamente, con il contatto con le altre culture europee, anche gli islandesi hanno cominciato a utilizzare mezzi industriali per la pesca alla balena. Tra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo, cominciarono i contatti con gli equipaggi di baleniere di altri stati. Con l’ottocento, i contatti tra gli equipaggi balenieri islandesi e del resto dell’europa si sono fatti sempre più stretti. Infatti, cominciano anche a utilizzare le tecniche più industriali per la pesca ai cetacei.
In realtà, fino all’inizio del novecento, l’iniziativa economica di pesca industriale in Islanda apparteneva agli europei continentali. Infatti, i norvegesi costruirono e mantennero la maggior parte delle stazioni baleniere in islanda. Questo perché le popolazioni di cetacei più vicine alla costa norvegese erano scomparse, richiedendo ai pescatori una maggior autonomia per cacciare le balene, giustificando la comparsa di stazioni di baleneria in islanda. Con la comparsa nel novecento dell’International Whaling Commission l’islanda ha deciso di interrompere la pesca commerciale di balene tra il 1986 e il 2006, anche se, come il Giappone, aveva continuato a pescare balene per ricerca scientifica. Negli anni più recenti, l’islanda è divenuta famosa anche per il Whale watching.
Svandis Svavarsdottir, ministro della pesca islandese, ha deciso che entro il 2024 l’islanda smetterà di pescare balene a fini commerciali. Secondo la ministra, questa pesca non è più profittevole. Il motivo della mancanza di guadagno di questa industria va ricercato primariamente nella ripresa da parte del Giappone di pescare balene a fini commerciali. Infatti, il giappone importava la stragrande maggioranza delle balene pescate dall’islanda. Di conseguenza, il mercato interno non è in grado di soddisfare l’offerta di balene pescate dalla flotta baleniera islandese.
Inoltre, attorno alle coste islandesi si estende una zona in cui la pesca è vietata. Le autorità hanno deciso di ingrandire ulteriormente questa zona. Di conseguenza, le aziende dedite alla pesca delle balene devono allungare il viaggio per arrivare alle zone di pesca, aumentando ulteriormente i costi. A questi motivi di carattere economico, si è aggiunta la pandemia da coronavirus. Infatti, il distanziamento sociale ha reso difficile, se non impossibile, il processo di macellazione delle balene. Infatti, dall’inizio della pandemia da COVID-19, i pescatori islandesi hanno pescato una sola balena, nel 2021.
A questi motivi, si aggiungono le più di 360 000 persone che hanno raggiunto l’islanda per partecipare a campagne di osservazione delle balene nei mari al largo dell’isola. Bisogna poi considerare che molte aziende di commercio di cibo, quale ad esempio la statunitense Whole Foods, ha smesso di importare pesce islandese. L’azienda ha preso la decisione da quando la nazione ha ricominciato a pescare balene a fini commerciali nel 2006.
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