La propulsione del sottomarino è un aspetto molto importante e che pesa enormemente sul progetto del battello. Recentemente abbiamo parlato di sottomarini, questo perché le forze subacquee rivestono un ruolo sempre più importante all’interno della flotta. Analizziamo insieme in questo articolo i principali aspetti delle diverse tipologie di propulsione, concentrandoci maggiormente sui sistemi AIP.
La propulsione del sottomarino diesel-elettrica è ottenuta fondamentalmente da 2 elementi da aggiungere al motore: il generatore diesel e la batteria. Per quanto riguarda i generatori, essi sono sempre ridondanti per ragioni di sicurezza e possono funzionare solo se il mezzo è in comunicazione con l’atmosfera.
Tale comunicazione è ottenuta mediante l’emersione del mezzo oppure attraverso lo snorkel. Il sottomarino presenta delle condotte di aspirazione e scarico con le quali i generatori diesel funzionano e ricaricano pacchi di batterie prima di compiere la missione subacquea. Per quanto appena esposto, è ovvia la conclusione che un tale sottomarino abbia molti limiti per il fatto che non può immergersi per lunghi periodi.
Il sottomarino ideale è quello che può viaggiare illimitatamente in immersione, minimizzando qualsiasi contatto con l’atmosfera. Si ottiene ciò con la propulsione nucleare. Un sottomarino nucleare è in grado di navigare in immersione anche per anni, poiché l’energia immagazzinata è enorme.
La propulsione del sottomarino nucleare è ottenuta mediante un reattore che per fissione genera calore ed alimenta un motore elettrico. Anche la propulsione del sottomarino nucleare ha però dei limiti. Innanzitutto, i sottomarini nucleari devono essere per forza di cose di dimensioni maggiori ed il costo di ogni unità è molto più alto rispetto alle unità tradizionali.
Lo spazio a bordo richiesto dalla propulsion plant nucleare è elevato non tanto per la grandezza del reattore in sé ma per tutte le protezioni necessarie all’incolumità dell’equipaggio, come ad esempio scudi e schermi. Altra grande pecca è nello stesso reattore, che resta costantemente acceso. La scia termica del reattore, così come il rumore che genera, rendono facilmente rilevabile un sottomarino nucleare, il quale è costretto a raffreddare costantemente il reattore con acqua di mare anche da fermo.
Anche il punto di forza della propulsione del sottomarino nucleare, ovvero l’illimitata navigazione in immersione, è nei fatti impossibile. Nella realtà un sottomarino difficilmente supera il mese di navigazione in totale immersione questo perché occorre modificare la rotta a causa dei vari errori accumulati dai sistemi di navigazione.
Nonostante le pecche appena esposte, il sottomarino nucleare domina nelle profondità oceaniche grazie alle maggiori potenze mondiali che fin da subito hanno investito in questa tecnologia: USA, UK, Russia, Francia e Cina possiedono diversi sottomarini nucleari garantendo per le proprie marine una supremazia incontestabile.
Un altro metodo di propulsione è conosciuto come AIP, acronimo di Air Indipendent Power system. La nascita dell’AIP risale agli anni ’30 ad opera dell’ingegnere tedesco Helmuth Walter. Con l’obiettivo di migliorare la velocità in immersione, egli testò l’uso di perossido di idrogeno (H202) come ossidante per produrre vapore, decomponendolo in un catalizzatore di permanganato.
L’ossigeno liberato insieme al fuel mettevano in moto la turbina mentre un sistema di scarico espelleva i gas esausti in mare. Il sottomarino V80 fu utilizzato per i test di Walter e raggiunse la velocità di 28 nodi in un periodo in cui i sottomarini a malapena raggiungevano i 10 nodi!
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Germania tentò di riproporre la propulsione del sottomarino V80 anche su unità con capacità maggiori: i progetti trovarono tuttavia un insuperabile ostacolo nell’immagazzinamento del perossido che solo in gran quantità poteva alimentare efficacemente sottomarini oceanici come il Tipo XVIII, mai entrato in servizio.
Dopo il conflitto, diverse nazioni cercarono di portare avanti il progetto di Helmuth Walter, recuperando i sottomarini tedeschi affondati o invitando in patria ingegneri tedeschi: lo stesso Walter lavorò in Inghilterra. Ancora una volta i risultati ottenuti furono insoddisfacenti, questo perché il perossido si dimostrò altamente pericoloso, causando incendi ed esplosioni. L’avvento della propulsione nucleare spazzo via gli ultimi tentativi di rendere competitivi i sottomarini ad AIP.
Nel 1957 un piccolo sottomarino della US Navy chiamato X-1, naviga sfruttando un motore diesel modificato con un piccolo motore elettrico ausiliario alimentato a batteria. In immersione l’ossigeno era fornito dalla decomposizione catalitica del perossido di idrogeno in una apposita camera mentre l’acqua condensata e i gas di scarico venivano espulsi in acqua.
Qualche mese più tardi, purtroppo il sottomarino esplode e l’intera sezione di prua salta in aria, fortunatamente senza conseguenze per l’equipaggio. Le grandi potenze mondiali rinunciano all’AIP per dedicarsi esclusivamente al nucleare, tuttavia l’interesse resta per altre nazioni. A trainare lo sviluppo dell’AIP furono soprattutto le richieste delle Marine minori che ancora oggi non possono permettersi un reattore a bordo. Accanto a questi Paesi troviamo le nazioni che hanno rifiutato il nucleare e che spingono per alternative meno pericolose e più sostenibili.
Le soluzioni a ciclo chiuso finora impiegate per la propulsione del sottomarino AIP sono 4:
Il ciclo chiuso CCD si ottiene con un motore diesel standard che sfrutta una miscela gassosa composta da ossigeno, un gas inerte e gas di scarico recuperati. L’ossigeno è immagazzinato in stato liquido (LOX) all’interno di serbatoi a bassissima temperatura; per quanto riguarda invece il gas inerte, il più utilizzato è l’argon.
I gas di scarico contengono anidride carbonica, azoto e vapore acqueo. Essi vengono raffreddati e scomposti: mentre l’argon viene recuperato, i restanti gas vengono prima miscelati con acqua marina e poi espulsi direttamente in mare. Il principale vantaggio del CCD è la possibilità di installarlo su sottomarini anche datati, poiché come abbiamo detto basta il tradizionale motore Diesel ed il normale fuel. Uno svantaggio è invece quello di procurare e rifornire i battelli di LOX e gas inerte.
La Francia è protagonista nello sviluppo di sistemi AIP con turbine a vapore. È infatti francese il sistema MESMA (Module d’Energie Sous-Marin Autonome) che deve molto alla propulsione del sottomarino nucleare per impostazione, tuttavia i gas non hanno origine dalla fissione nucleare.
Bruciando etanolo si generano i vapori necessari all’alimentazione della turbina. La combustione si serve di ossigeno immagazzinato ad una pressione di 60 atm. Uno dei vantaggi del MESMA è la possibilità di espellere i gas a qualsiasi profondità senza la necessità di un compressore di scarico. Poiché i processi di combustione avvengono separatamente da quelli che convertono il calore in lavoro, la gestione dei gas di scarico è facilitata, così come il controllo del rumore.
Questa soluzione garantisce una potenza superiore a tutte le altre a ciclo chiuso ma è anche vero che richiede un consumo di ossigeno maggiore.
Nel ciclo Stirling il calore è generato all’esterno del sistema per essere trasferito ad un gas inerte (o comunque un fluido termovettore) che espandendo spinge un pistone. Il gas passa da espansione a compressione in maniera sequenziale e ripetuta, riscaldando e poi raffreddando, producendo così lavoro meccanico da convertire in elettricità.
La sequenza continua finché si mantiene la differenza di temperatura. A bordo di un sottomarino è possibile usare l’acqua per raffreddare e la combustione mediante ossigeno liquido per fornire calore.
Come nel MESMA la combustione non avviene nello stesso luogo della conversione dell’energia ed i gas di scarico sono gestiti decisamente meglio rispetto al CCD. Questo sistema è stato utilizzato con successo dalla marina svedese per la classe di sommergibili Västergötland mediante un motore ausiliario. Gli svantaggi del ciclo Stirling consistono nell’avviamento lento e negli ingombri maggiori.
Una fuel cell è un dispositivo di conversione elettrochimico che combina idrogeno e ossigeno per produrre acqua ed elettricità. Le celle a combustibile spianeranno la strada al sistema AIP che con esse offre i migliori risultati. Le fuel cells sono diverse ma nel campo della propulsione sottomarina si impiegano le Polymer Electrolyte Membrane (PEM).
La scelta non è casuale in quanto le PEM hanno basse temperature di esercizio (80 °C), l’unico liquido all’interno è l’acqua per cui sono lievi i problemi dovuti alla corrosione e sono adatte all’utilizzo di idrogeno puro. L’idrogeno pressurizzato entra nella PEM e qui un catalizzatore di platino lo decompone in idroni H+ e cariche e- libere; mentre gli elettroni creano la corrente, gli idroni combinano con l’ossigeno (anch’esso catalizzato col platino) per creare acqua.
Il fatto che il prodotto di scarico sia acqua pura è un enorme vantaggio. Lo svantaggio di una cella è la bassa corrente continua prodotta, ecco perché servono gruppi di fuel cells impilati per generare una corrente utile.
Lo scoglio vero e proprio è invece dovuto alle difficoltà di immagazzinamento dell’idrogeno per la propulsione del sottomarino del futuro. Mentre l’ossigeno può essere stoccato con maggiore tranquillità in LOX, l’idrogeno liquido ad alta pressione è decisamente pericoloso.
Una soluzione è quella di generare idrogeno gassoso da un idrocarburo liquido (gasolio, cherosene, metanolo) ma per farlo serve un reformer, ovvero un dispositivo che surriscalda ed incrementa la pressione di una miscela di idrocarburi ed acqua per ottenere idrogeno e anidride carbonica. Molto più efficiente è invece trasportare l’idrogeno in accumulatori di idruri a bassa pressione e temperatura ambiente (qui intendo la temperatura marina). La lega metallica trattiene atomi di idrogeno nel reticolo cristallino che possono successivamente essere rilasciati e manipolati variando temperatura e pressione.
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