Gli incrociatori leggeri della Regia Marina fecero parte della flotta italiana durante la seconda grande guerra. La Marina italiana si rinnovò con nuove unità che affiancarono le già impiegate San Giorgio, Bari e Taranto. Le nuove navi dovevano rispettare quanto stabilito dal Trattato navale di Washington, stipulato per ridurre gli armamenti nel mondo.
L’accordo tra le potenze vincitrici del primo conflitto mondiale limitava la costruzione di navi da battaglia: in particolare per incrociatori, cacciatorpediniere e sottomarini non ne fu limitato il numero ma il dislocamento complessivo.
Mentre per gli incrociatori pesanti era stabilito il dislocamento massimo di 10.000 t, gli incrociatori leggeri della Regia Marina potevano raggiungere massimo le 9.000 tonnellate. L’armamento di questi ultimi erano cannoni del calibro di 152 mm.
L’ispirazione per i nomi delle classi veniva dai condottieri italiani medievali e rinascimentali. Ogni classe prendeva il nome della prima nave del gruppo: Alberto di Giussano, Cadorna, Montecuccoli, Duca D’Aosta e Duca degli Abruzzi. La costruzione sequenziale degli incrociatori leggeri della Regia Marina ha portato a delle realizzazioni disomogenee. Le ultime navi, infatti, sono il frutto dei miglioramenti apportati ai primi progetti.
La classe Alberto di Giussano entrò in servizio nel 1931. Molta attenzione per la velocità si dimostra nella scelta di installare gli impianti motori da 95.000 cavalli degli incrociatori pesanti classe Zara. Alle prove si valutò una velocità di 42 nodi che si ottenne però a svantaggio delle protezioni: lo spessore della corazza era tra i 20 e 24 mm. La mancanza di una protezione subacquea segnò il destino di queste navi: furono tutte affondate da sottomarini. Le unità Cadorna conservarono le caratteristiche della Alberto di Giussano: pochi furono infatti i cambiamenti che portarono ad un lievissimo miglioramento.
Le navi classe Alberto di Giussano e classe Cadorna erano paragonabili ad unità di esplorazione piuttosto che ad incrociatori. La svolta per gli incrociatori leggeri della Regia Marina arriva con la classe Montecuccoli. Le unità erano molto più resistenti e pesanti. Alcuni difetti, tuttavia, li ereditarono dai precedenti incrociatori e si cercò di eliminarli con la classe Duca d’Aosta.
Gli incrociatori Duca d’Aosta trovarono un buon compromesso tra velocità e armamento. Migliorata la tenuta al mare, presentavano uno scafo più lungo di quattro metri e largo un metro in più rispetto ai Montecuccoli. Le mitragliere passarono da 8 a 12 mentre i lanciasiluri da 4 a 6. L’ottimo risultato è dimostrato dall’impiego nella VII divisione navale, la più usata durante la guerra.
Garibaldi e Duca degli Abruzzi furono il risultato finale dell’evoluzione degli incrociatori leggeri della Regia Marina. Dovevano molto a tutte le altre navi poiché i successi in termini di protezione, velocità e armamento si ebbero grazie all’esperienza acquisita durante le precedenti costruzioni.
Le ultime due classi comprendevano navi con un dislocamento pari a 10.000 t ed un armamento di 10 cannoni da 152 mm (due in più ai precedenti incrociatori). Il dislocamento superò le 9.000 tonnellate e la lunghezza fuori tutto contava 187 metri: erano tra le unità più lunghe della Regia Marina. Il motore poteva fornire fino a 100.000 cavalli per una velocità di 35 nodi.
Non solo erano le migliori in Italia ma potevano benissimo competere con le più potenti navi al mondo dell’epoca.
La classe Spica rappresenta un motivo d’orgoglio per la costruzione navale italiana. Nonostante i molti dubbi sulla costruzione e diversi problemi progettuali, queste navi hanno fatto la storia del nostro Paese. La nave scuola Amerigo Vespucci è la nave ancora in servizio più datata della Marina Militare Italiana ma è anche la nave più bella del mondo. Nata sotto il Regno di Vittorio Emanuele III è ormai un simbolo per l’Italia.
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