La classe Spica degli anni ’30 fu protagonista di centinaia di missioni. Nonostante i molti dubbi sulla costruzione e diversi problemi progettuali, queste navi hanno fatto la storia del nostro Paese. La Regia Marina perse durante la guerra 23 delle 32 navi costruite e tutte in azioni gloriose. Tra le imprese ricordiamo lo scontro delle navi Circe, Cigno e Cassiopea durante il quale la nave inglese Pakenham affondò insieme a 7 sommergibili britannici. Le unità superstiti furono lasciate all’Italia anche dopo il conflitto e aggiornate negli anni ’50.
La classe Spica nasce in un contesto storico molto particolare. Nel 1930, il trattato di Londra sugli armamenti navali imponeva restrizioni circa la costruzione di navi militari. La Francia notò che era possibile realizzare navi di modeste dimensioni senza alcun limite e si concentrò su battelli con dislocamento inferiore alle 600 tonnellate. Mentre la nazione francese continuava l’armamento con 12 torpediniere, la Marina Militare del Regno d’Italia pensò bene di seguirne l’esempio. Va detto che la Regia Marina non era granché entusiasta dell’idea, ciononostante ordinò due prime unità nel 1933. La coppia di navi fu pensata come prototipo e qualora avesse convinto gli italiani, ne sarebbero seguite altre della stessa tipologia.
Le navi Spica e Astore furono le prime navi costruite sull’esempio francese. Già dalle prime prove in mare, la Regia Marina ne comprese il potenziale. A dirla tutta, la classe Spica non convinse proprio tutti perché restavano alcune problematiche legate alla navigazione. Ad ogni modo tra il 1934 ed il 1935, la Marina Militare del Regno ordinò altre 14 navi: 6 unità per la serie Climene ed 8 unità per la serie Perseo. Se le prestazioni non erano chissà quanto lodabili, l’utilità e l’importanza strategica di queste navi erano indiscusse. In quegli anni infatti correva la crisi con l’Etiopia; a destare ancora più preoccupazione era la crescente tensione con la Gran Bretagna.
Il Regno d’Italia doveva presto armarsi e lo fece puntando sulle siluranti. Più tardi ci si accorse che le navi non potevano svolgere le missioni per cui erano state commissionate. Le navi si trovavano a metà tra due ruoli a causa delle dimensioni. Essendo troppo piccole non potevano essere impiegate in squadra ed essendo troppo grandi non potevano servire come siluranti notturne. Queste considerazioni non scoraggiarono il Regno d’Italia e le unità leggere continuarono a destare interesse, soprattutto per il fatto che altre soluzioni non erano compatibili con il limitato budget italiano dell’epoca.
Le navi leggere entrarono in servizio tra il 1934 ed il 1938. Aggiungendo alle precedenti navi della classe Spica, anche le navi Climene e Perseo più le 16 navi della serie Alcione, in totale il Regno d’Italia ottenne 32 unità. La serie Spica comprendeva la primissima coppia Spica e Astore, entrambe vendute successivamente alla Svezia nel marzo del 1940 e rinominate Romulus e Remus. Rispetto alle altre, erano le navi più piccole (la lunghezza era di un metro inferiore)
La serie Climene era composta da Climene, Centauro, Castore, Cigno, Canopo e Cassiopea; mentre alla serie Perseo appartenevano le navi Perseo, Sirio, Sagittario, Vega, Aldeberan, Antares, Andromeda e Altair. L’ultima serie è quella Alcione, di cui facevano parte: Alcione, Airone, Aretusa, Ariel, Clio, Calliope, Calipso, Circe, Lira, Libra, Lupo, Lince, Pleiadi, Polluce, Pallade e Partenope.
La differenza principale tra le diverse serie stava nella disposizione dei tubi lanciasiluri. Tutte le serie avevano 4 tubi da 450 millimetri ma con sistemazioni differenti. La classe Spica aveva un impianto binato sull’asse di simmetria e due invece singoli posti uno per lato. Le navi Climene e Perseo avevano invece impianti tutti singoli mentre le Alcione (escluse Lira, Libra, Lupo, Lince) avevano due impianti binati sull’asse di simmetria. L’armamento restante era composto da 3 cannoni, mitragliere e dispositivi per la guerra antisommergibile.
Nel 1939 l’armamento venne aggiornato con sistemi d’arma più efficienti e la flotta fu completa solo nel 1941. Con l’inizio della guerra, le navi furono ulteriormente modificate con strumenti di fattura tedesca. L’ammodernamento costò in termini prestazionali e difatti le navi, appesantendosi, ridussero di parecchio la propria velocità massima da 32 nodi a 26 nodi! Un difetto progettuale per le navi classe Spica fu quello di ridurre lo spazio per l’equipaggio. Navigando anche per periodi lunghi, gli spazi stretti stressarono tantissimo i marinai italiani con ovvie conseguenze sul rendimento in battaglia.
Qui di seguito riportiamo le caratteristiche e specifiche della classe Spica. In particolare notiamo due diversi armamenti, dovute alle modifiche di bandiera tedesca. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la Germania mise a disposizione la propria tecnologia nel campo degli armamenti per migliorare la flotta italiana. La classe Spica migliorò le proprie mitragliere e gli impianti lanciasiluri. Proprio per quanto riguarda gli impianti lanciasiluri che come abbiamo detto rappresentavano la differenza maggiore tra le navi, le torpediniere subirono modifiche e dotate tutte di sistemi coerenti tra loro.
L’eredità lasciataci dalla classe Spica è impareggiabile. La prima torpediniera della classe Spica ad essere aggiornata fu la nave Sagittario, ultimata nel 1949. Essa fu anche l’ultima ad essere radiata, lasciando la nostra marina nel 1964. Le modifiche compresero sistemi antiaereo, cannoni aggiunti e nuove armi per la lotta antisom. Nata come torpediniera della Regia Marina nel 1938, la nave Aretusa ancora serve la Marina Militare come corvetta idro-oceanografica dal 2002. Altre audaci torpediniere furono ricordate dando i nomi alle navi della classe Lupo.
La classe Lupo fu motivo d’orgoglio per la cantieristica navale italiana, considerata da molti un successo ineguagliabile. Nate negli anni ’70, le fregate lanciamissili costruite nei cantieri Riva Trigoso/Muggiano rilanciarono l’Italia nel mercato internazionale delle navi militari. Disarmate dal nostro Paese, entrarono in servizio prima nella marina militare del Perù, infine nell’Armada Bolivariana.
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