Trattando di eliche supercavitanti, ho sempre immaginato Posdunine che, nel 1944, stanco e stufo del problema irrisolvibile della cavitazione insorgente su eliche veloci di navi militari, ad un certo punto esordisse con la frase: “sai che c’è, maledetta elica cavitante? Cavita pure se vuoi! Ma lo farai alle mie condizioni!”
E’ proprio questa la sorprendente soluzione apportata dalla tecnica della supercavitazione. Invece di combattere per annientare il mostro multiforme della cavitazione, lo si fa crescere e sviluppare. Tutto ciò grazie ad una particolare geometria del profilo di pala (nato come profilo di Tulin), in grado di generare una bolla stazionaria. Essa è solidale alla pala durante il funzionamento, estesa su tutto il dorso fino al bordo d’uscita ed oltre; la sua caratteristica principale è il fatto di essere “gestibile”, a differenza delle dannose ed imprevedibili cavità non-stazionarie. In tal senso, dunque, si può progettare la forma di pala in modo che la cavità imploda lontano dai profili (almeno ad una distanza di 2-3 volte la corda). Per evitare l’erosione, il danno peggiore che spesso si riscontra (anche visivamente) sulle eliche cavitanti di classica geometria:
Questo principio di funzionamento è alla base di tutte le eliche supercavitanti, a prescindere che si distingua tra il caso di supercavitanti totalmente immerse, delle quali le serie sistematiche più famose sono la Newton-Rader e la KCA (nota anche come Gawn-Burrill), e di supercavitanti di superficie, sicuramente note per la famosa serie Rolla, inventata del Professor Kruppa:
Durante la rotazione, dopo un breve periodo in regime trans-cavitante, le pale di entrambe le tipologie trascinano una bolla uniforme su tutto il dorso. Quindi, a pieno regime di velocità, la spinta totale dell’elica è costituita dal solo contributo di pressione generato dalla faccia.
Lo spessore della bolla deve essere il più sottile possibile, in modo da non bloccare il flusso tra le pale: perciò è preferibile un numero ridotto di quest’ultime.
La cavità, estesa su una così vasta zona dell’elica, permette a quest’ultima di ottenere una sostanziale riduzione della resistenza tra superficie palare e fluido. E’ uno dei motivi per i quali queste eliche veloci possono operare a rendimenti massimi medio-alti (65% le supercavitanti e 70% le ventilate). Valori ottenibili quando la velocità dell’imbarcazione raggiunge valori superiori a 45 kn per supercavitanti immerse, e oltre i 50 kn per le eliche di superficie.
– le eliche supercavitanti totalmente immerse, adoperate quando il fondale marino è considerato di profondità illimitata, sperimentano sul dorso di pala un abbassamento della pressione tale da raggiungere quella di vapore del fluido: da ciò ha inizio l’innesco della cavitazione “controllata” ; essa assume, in pochi istanti, l’aspetto di una lamina stazionaria, grazie ad un profilo realizzato a punta presso il bordo d’ingresso e tronco al bordo d’uscita.
La quantità di energia richiesta dall’elica per ottenere l’innesco, lo sviluppo e il mantenimento della bolla in acqua è strettamente legata alla composizione chimica del fluido. il valore della pressione di vapore da raggiungere sul dorso dipende dal contenuto di microrganismi e sostanze disciolte nell’acqua e sarà, comunque, di entità ben al di sotto della pressione atmosferica. E’ evidente che la cavità così formata sia costituita da vapore acqueo e gas alla pressione di vapore.
Un limite di quest’elica è un pessimo rendimento nel caso in cui, durante il funzionamento, la velocità dell’imbarcazione scenda al di sotto del valore minimo necessario a mantenere un indice di innesco basso (σ0.7R< 0.045) situazione che comporta erosione; poiché accade spesso che la carena operi a velocità moderate inferiori a 45 kn, la convenienza nell’uso delle eliche supercavitanti immerse è diminuita.
Quando si tratta di imbarcazioni molto veloci e aventi limitazioni di immersione, la migliore soluzione è l’uso delle eliche di superficie o ventilate. Traducendo in inglese il nome di questi propulsori, i Siciliani potrebbero intuire subito un particolare aspetto del loro funzionamento. Le pale delle Surface Piercing Propellers, aventi bordo d’ingresso svergolato e bordo d’uscita rettilineo, “perciano” la superficie dell’acqua. Cioè entrano ed escono dall’acqua “tagliandola” durante la rotazione, la quale avviene all’interfaccia della superficie libera del mare.Nell’attraversamento della pala dall’aria all’acqua, una grande bolla viene generata, intrappolata e trascinata sott’acqua, in modo da proteggere stabilmente il dorso; il mancato scontro con le implosioni di cavità non-stazionarie garantisce elevate prestazioni dell’elica.
Anche questa tipologia di elica, quindi, è supercavitante poiché progettata per lavorare con cavità stazionaria sul dorso, ma, a differenza delle eliche immerse operanti con tasca di vapore a bassissime pressioni, quelle di superficie sviluppano una bolla d’aria (fluido comprimibile) di pressione interna pari a quella atmosferica e dunque di facile formazione. Dal modo in cui quest’elica genera la bolla, ne deriva un minor dispendio energetico rispetto alla classica elica supercavitante e, di conseguenza, un maggior rendimento.
1) a parità di spinta, l’area-disco dell’elica ventilata è maggiore (del 20-30%) di quella della supercavitante, essendo:
ed il salto di pressione poco elevato, dal momento che la bolla d’aria è alla Patm .
In termini di peso e ingombro, l’elica supercavitante può, quindi, risultare più conveniente.
2) le eliche ventilate sono in grado di sviluppare completa cavitazione anche a velocità nave moderate mantenendo un rendimento accettabile, seppur non ottimale: è un vantaggio rispetto alle supercavitanti.
3)le eliche ventilate offrono un ulteriore vantaggio rispetto alle supercavitanti, in termini di resistenza. Infatti, oltre a quello correlato alla riduzione di resistenza pala-fluido, esse comportano anche una minore resistenza totale della nave. Riduzione dovuta alla loro installazione realizzata con albero, mozzo e braccetti portaelica totalmente o parzialmente emersi (ridotta resistenza delle appendici).
Articolo a cura di Ester Diforti.
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