Le mine navali possono infliggere danni e difendere aree strategiche senza rischiare perdite, ciò basta per comprendere la slealtà che ne accompagna l’impiego ma anche le potenzialità ed i vantaggi tattici.
Il primo utilizzo noto di mine navali, così come le conosciamo, avvenne durante la guerra di indipendenza americana ad opera dell’inventore David Bushnell. Pensò di sfruttare la corrente del fiume Delaware per avvicinare esplosivi galleggianti alla marina britannica: la sua idea ebbe successo ed affondò così una fregata inglese senza ingaggiare alcuno scontro. Le mine navali crebbero d’importanza all’interno della tattica bellica navale durante il primo ed il secondo conflitto mondiale, principalmente impiegate per la guerra antisommergibile e per costringere le flotte a deviare in acque ostili. Nella Guerra di Corea le mine navali furono la causa del 70% delle perdite della marina statunitense. Il contrammiragli Smith, comandante delle operazioni anfibie a Wonsan, commentò l’accaduto:
“Abbiamo perso il comando del mare a causa di una nazione senza una marina, con l’uso di armi che erano obsolete nella prima guerra mondiale, depositate da navi usate al tempo della nascita di Gesù Cristo”.
La critica ha senza dubbio mostrato come la miniera di mare possa essere un valido alleato per le marine minori, capace di pareggiare le forze in campo e minacciare anche le grandi potenze.
Le mine navali sono essenzialmente composte da cariche detonanti, attivatori e sensori, contenuti in gusci a tenuta ma hanno subito nel corso degli anni diverse modifiche al punto tale da divenire oggetti molto sofisticati. L’enorme potenziale è dato dalla varietà di tali esplosivi che si differenziano per il posizionamento, il metodo di posa e l’attivazione. Le mine navali possono infatti essere galleggianti, depositate sul fondo oppure ormeggiate. La posa può avvenire attraverso navi di superficie, velivoli o sommergibili: nell’ultimo caso le mine vengono lanciate similmente alle torpedini.
L’azionamento può avvenire per contatto diretto, tramite comando a distanza o per mezzo di sensori che riconoscono il bersaglio e valutano in completa autonomia se attivare l’esplosione.
Gli ordigni di questo tipo sono quelli che al loro interno presentano componenti elettronici in grado di convertire segnali esterni in segnali elettrici. Una volta rilevata la misura, il segnale viene confrontato con un valore di riferimento memorizzato e prestabilito: l’avanzamento tecnologico ha conferito a tali mine la capacità di percepire la presenza di imbarcazioni ostili, valutare la minaccia e nel caso procedere con la detonazione.
Le mine navali a pressione riconoscono la presenza di imbarcazioni misurando le variazioni di pressione. Il calcolo è di tipo bernoulliano: lo spostamento di masse d’acqua dovuto al transito delle navi viene elaborato per ottenere il valore delle pressioni necessario a stabilire la condizione di attivazione.
Le mine navali a rilevazione magnetica utilizzano un magnetometro interno per captare la firma magnetica delle navi. I sensori acquisiscono informazioni sui campi magnetici nelle vicinanze generati dalle apparecchiature di bordo degli eventuali bersagli.
Le mine navali acustiche e sismiche sono in grado di sentire le vibrazioni in acqua. Esse basano il loro funzionamento sul rumore diffuso dalle imbarcazioni in movimento e la propagazione di stimoli acustici. Le fonti di rumore principalmente riconosciute sono l’apparato motore e le eliche che se non abbastanza silenziose possono risultare fatali. Le fonti di rumore sono molteplici considerato che alcune mine sono in grado addirittura di avvertire il rumore dell’equipaggio a bordo!
Il danno che può provocare una mina dipende innanzitutto dalla sua posizione: mine in superficie possono causare enormi falle con la sola esplosione mentre mine immerse causano devastanti onde d’urto e pericolosissime bolle di gas. L’onda d’urto può da sola danneggiare lo scafo di una nave nonostante contenga poco più della metà dell’energia totale liberata durante l’esplosione. Le bolle di gas, invece, continuano ad espandersi fino al collasso che genera una colonna d’acqua ad elevatissima energia. Se una di queste collassa direttamente sullo scafo, il getto d’acqua può forare ed allagare più compartimenti o addirittura spezzare le navi di modesta dimensione. Le variazioni di pressione ottenute, inoltre, possono portare a risonanza una nave vicina con gravissimi danni alla struttura e all’equipaggio.
Nonostante le mine navali abbiano l’obbiettivo di rallentare la flotta avversaria ed eventualmente danneggiarla, l’azione combinata degli effetti di un’esplosione rendono le mine navali un’arma estremamente pericolosa, capace di distruggere completamente le imbarcazioni colpite, senza possibilità di poterle riparare e riutilizzare. Per il relativo basso costo di realizzazione, le mine navali sono presenti nell’armamento di qualsiasi nazione e non è difficile pensare che possano essere impiegate anche da gruppi armati criminali. Ecco perché parallelamente allo sviluppo delle mine navali è conseguentemente spinta la ricerca delle contromisure per la neutralizzazione di quest’arma tanto sleale quanto incisiva.
Articolo a cura di Christian Cione
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