Articolo a cura di Ernesto La Colla (Instagram) – La verifica di stabilità delle navi militari può essere analizzata secondo un approccio probabilistico a partire da alcune considerazioni relative alle navi passeggeri. Dovuti accorgimenti però devono essere presi in esame, in merito alla natura del danno e alle prestazioni richieste a seguito di colpi d’arma subiti.
La capacità di sopravvivenza (survivability) di una nave militare è funzione della suscettibilità (susceptibility) e della vulnerabilità (vulnerability); esiste una relazione tra di esse espressa in termini probabilistici attraverso la seguente formula:
Dove:
Gli aspetti legati alla suscettibilità vengono analizzati cercando di ridurre le segnature affinché la nave non venga scoperta dal nemico. La vurnerability invece è strettamente governata dalle caratteristiche intrinseche della nave, ossia la vera e propria progettazione, nel senso della costruzione navale e allestimento degli impianti di bordo (ridondanza dei sistemi).
Fino a qualche decennio fa vi era la sola tendenza a minimizzare la suscettibilità attraverso una gestione dettagliata delle segnature e delle tecniche di contro detenzione. Dall’altro lato, la valutazione probabilistica nel senso di stabilità e galleggiabilità della nave veniva presa poco in considerazione, assumendo una probabilità di affondamento pari a 1.0 per nave piccola colpita una sola volta e per navi grandi colpite due volte. Per cui l’analisi di difesa dell’unità nel senso della vulnerability non era ben determinata. Per un progettista dunque è di solito sufficiente rispettare i requisiti di stabilità a seguito di danni, introdotti dalle varie Marine, fra cui ad esempio quelli della US Navy e UK MoD, come si vede in figura.
Poiché la differenza sostanziale tra susceptibility e vulnerability è che la prima può essere alterata dopo il progetto nave, cioè persino durante le operazioni svolte dalla stessa, mentre la seconda è influenzata dalla progettazione, è bene ottimizzare la survivability intervenendo subito sulla vulnerability durante le prime fasi progettuali.
Tutte queste considerazioni, alla fine dei conti, devono garantire stabilità delle navi militari e galleggiabilità anche in caso di danno derivante dalle cause sopra descritte. Nel campo delle navi mercantili, le valutazioni di stabilità sono state rinnovate dall’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) e basate su metodi probabilistici, come risultati di lunghi processi avviati a partire dagli anni ’60. Queste nuove regole sono state raccolte nella convenzione SOLAS sia per navi passeggeri che per navi da carico, con tali nuove disposizioni emanate il 1° gennaio 2009.
Le stesse considerazioni, però, con opportune osservazioni possono essere fatte per valutare la stabilità delle navi militari, valutando le caratteristiche di vulnerabilità in termini di survivability a seguito di danno e valutazione di rischio.
A partire dalla Seconda Guerra Mondiale le Marine nel mondo applicano quello che è il cosiddetto approccio deterministico (determistic approach), fondato sui concetti di linea limite, estensione del danno e V-Line per definire i criteri di stabilità a nave integra e in falla. Si definiscono così le condizioni di residui di stabilità legati al braccio raddrizzante.
La metodologia della SOLAS 2009 prevede di definire due coefficienti:
A = 0.4As + 0.4Ap + 0.2Al
Dove ogni indice parziale As, Al e Ap è somma dei prodotti di due parametri (pi e si) che rispettivamente rappresentano la probabilità che uno o un gruppo di compartimenti sotto alcune condizioni si allaghi (pi) – trascurando suddivisioni orizzontali – e la probabilità di sopravvivenza (si) dopo allagamento di uno o più compartimenti, considerando gli effetti di una suddivisione nel senso orizzontale. Per cui ogni parametro Aj è così calcolato:
Il calcolo di pi è basato sulla lunghezza del danno e sulla sua posizione longitudinale lungo la nave. Se poi si considerassero gli spazi tra due paratie stagne trasversali si deve tenere conto di un coefficiente di correzione ri dovuto a possibili diverse posizioni di danno lungo la paratia stessa nel senso trasversale. Il parametro si, invece, è calcolato in riferimento alla riserva di spinta dopo il danno ed è importante solo per fasi intermedie di allagamenti e momenti inclinanti esterni dovuti ad esempio al vento, movimento dei passeggeri e lancio di mezzi di salvataggio. Questi coefficienti quindi possono essere corretti attraverso il fattore vi che tiene conto che i locali al di sopra della suddivisione orizzontale non siano allagati. Per cui si ottiene:
In aggiunta, dal punto di vista delle navi passeggeri e mercantili vengono stabilite rispettivamente alcune prescrizioni per il coefficiente si in base al numero di passeggeri e il numero minimo dei coefficienti As, Al e Ap. Alla fine dei conti dunque, la nave risulta essere sufficientemente suddivisa in compartimenti stagni, quando si verifica la condizione per cui A > R.
Per discutere la validità di questo metodo per le navi militari è necessaria una riformulazione dei coefficienti appena descritti, affinché si possa tenere in considerazione l’ambiente ostile e assai più pericoloso in cui esse operano rispetto alle navi passeggeri e mercantili. È bene prendere in considerazioni due aspetti importanti:
La prestazione della nave dopo i danni si ripercuote su una rivalutazione del coefficiente si, mentre la natura del danno sui coefficienti pi, ri, vi, per indicare rispettivamente l’estensione longitudinale, trasversale e verticale del danno.
Tuttavia esistono degli aspetti critici da tenere in considerazione quando questo metodo deve essere applicato alle navi militari, anziché a quelle da carico e passeggeri, fra cui:
Sfortunatamente poi, una raccolta di dati statistici altamente dettagliati necessari riguardo ai casi di danni su navi militari non è disponibile per questi calcoli e ciò rende il metodo un po’ più complesso. A questo proposito si potrebbe solo considerare una panoramica degli attacchi subiti da alcune navi militari negli anni precedenti osservandone lo stato finale in cui esse si sono ritrovate a seguito di attacchi avversari. Qui di seguito sono riportate alcune di queste navi con l’attacco subito e l’effetto conseguente.
Per una nave militare quindi, sulla base dei coefficienti descritti, esiste una distribuzione di probabilità in riferimento ai punti dove questa può essere colpita ed alla sua lunghezza. Questo dipende essenzialmente dal tipo di attacco subito e dalle caratteristiche del bersaglio (nave).
È possibile anche calcolare la probabilità che la nave subisca un colpo ad uno dei vari compartimenti estesi lungo la sua lunghezza. Si può così calcolare la probabilità per cui la nave perda alcune sue capacità, fra cui quella propulsiva, per via di allagamento di più compartimenti. Se j è il numero di compartimenti contenenti il motore e/o gli organi annessi e vitali per la propulsione, mentre i è il numero dei compartimenti totali della nave, allora la probabilità Sf per cui la nave resti ad un certo livello di operatività è la seguente:
L’estensione verticale del danno dipende anch’essa dalle caratteristiche del sistema d’arma usato per colpire la nave. In unità di superficie come fregate o destroyer, si possono distinguere 3 zone: tanktop, damage control deck e main deck. È ovvio che un missile aria – superficie causa un danno maggiore al di sopra del galleggiamento, lasciando probabilmente l’opera viva intatta, a differenza di attacchi subacquei per cui si evince l’opposto. Una distribuzione di densità del danno è riportata in figura.
La filosofia per cui quindi è possibile determinare la stabilità di una nave militare a seguito di danno in maniera razionale e probabilistica, si traduce in alcune considerazioni particolari a partire dall’approccio simile utilizzato dall’IMO Resolution A.265 per navi passeggeri. Qui si assume come ipotesi quella di condizioni marine “moderate” quando la nave subisce un danno, che devono essere variate se vi è una particolare richiesta di analisi di sea state.
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