Articolo a cura di Ernesto La Colla (account Instagram) – Una nave militare viene progettata tenendo conto che essa può essere soggetta ad attacchi nemici. Le si garantisce quindi un certo grado di resistenza ai colpi d’arma subiti, espresso attraverso il concetto di vulnerabilità, che si riflette nel rispetto di linee guida regolamentate da normative tecniche.
La vulnerabilità (vulnerability) delle navi militari è un aspetto che, assieme a quello di suscettibilità, rientra nella capacità di sopravvivenza (survivability). Con essa si intende la probabilità per cui la nave non riesca a mostrare resistenza ai colpi d’arma (sostenere livelli finiti di danni), quindi la probabilità per cui essa non riesca a portare a termine la sua missione una volta colpita.
Tale aspetto è divenuto parte integrante, dagli ultimi decenni, assieme alla suscettibilità, del processo di acquisizione e in particolare dell’area tecnico-operativa di questo. In tale area lo Stato Maggiore della Difesa (Marina) esprime un’esigenza operativa, a cui segue uno studio di pre-fattibilità e la definizione di un requisito tecnico preliminare (ROP), in cui si ritrovano espressi:
Alla definizione del ROP segue quella del requisito tecnico definitivo (ROD), in cui si esprimono:
È in queste fasi che vengono effettuate analisi sulla capacità di sopravvivenza della nave, quindi sulla suscettibilità e sulla vulnerabilità, tenendo conto che queste valutazioni accompagnano ogni processo iterativo della spirale di progetto della nave. L’effettivo uso di questi metodi di valutazione porta i progettisti a trovare un giusto equilibrio nella definizione di aspetti relativi anche al peso della struttura e ai costi. È da sottolineare infatti che tenere in considerazione la capacità di sopravvivenza della nave solo durante la revisione finale del progetto porterebbe a costi aggiuntivi, tempi di consegna maggiori e limiti dovuti ad eventuali modifiche di spazio e di peso.
È ovvio comunque che è necessario tenere in considerazione gli attacchi che la nave in progetto può subire e i conseguenti danni. Tra gli attacchi distinguiamo in linea generale:
Per quanto riguarda invece i danni si possono avere:
Dal punto di vista progettuale si adottano quindi alcune tecniche particolari per far sì che la nave continui la sua missione anche dopo aver subito un attacco (es. mina, siluro, missile). L’analisi della vulnerabilità della nave viene effettuata nel senso più stretto della costruzione navale e degli impianti di bordo. L’obiettivo è quello di garantire all’unità delle “funzioni nave assicurate” a seconda dei livelli di shock a cui può essere soggetta; queste funzioni corrispondono ad alcune attività operative che la nave deve essere in grado di svolgere seppure in condizioni avverse, fra cui:
Lo scafo della nave rappresenta la prima barriera contro i colpi subiti ed è per questo che la sua resistenza ai colpi d’arma determina la protezione delle zone potenzialmente critiche, come depositi per munizioni, sala macchine e casse combustibile.
Una prima scelta strutturale deve essere fatta in base al tipo di materiale da utilizzare, in funzione dei requisiti tecnici e più precisamente delle zone della nave in cui essi devono essere impiegati, tenendo conto che esistono delle zone più o meno sollecitate. Generalmente vengono utilizzati:
La struttura nave deve essere progettata per poter conferire la giusta robustezza alla trave nave e alle zone locali, rafforzando quelle in cui si presentano carichi di intensità maggiore degli altri. Ad esempio, a livello del cinta trincarino si possono usare acciai ad alta resistenza (material class grade III) oppure nelle zone di giunzione tra ponte e sovrastruttura si possono inserire degli inserti di spessore maggiorato, facendo ricadere la sovrastruttura nel punto dove termina una paratia stagna oppure un baglio del ponte.
Per proteggere la nave da minacce asimmetriche (es. AK-47) si può pensare di inserire protezioni in prossimità dei locali e sistemi critici, come ad esempio quelle in acciaio balistico per protezione della centrale operativa di controllo (COC) e delle stazioni radio.
Un primo rivestimento interno, invece, può riguardare le paratie, prevedendo delle doppie paratie, cioè doppie lamiere.
La prima lastra della paratia a doppia parete causerà la rottura dei frammenti delle armi e la dispersione e quindi la perdita di energia. I frammenti con energia più bassa possono quindi essere fermati dalla seconda lamiera, impedendo la penetrazione e ulteriori danni alle attrezzature e al personale della nave.
È emblematico l’utilizzo dei box girders all’interno delle navi della Marina tedesca, cioè travi scatolate messe in corrispondenza del cinta trincarino ed estese per il 70-80% della lunghezza della nave. Queste garantiscono stabilità e resistenza per esplosione schegge della trave nave (blast), permettendo lo sfogo dell’esplosione verso l’alto o lateralmente.
Devono poi essere progettati con ridondanza i sistemi di bordo:
Avere ridondanza, tradotto in una separazione fisica dei sistemi e, allo stesso modo, segregati in zone distinte, permette un aumento di affidabilità.
Quando la nave viene colpita si devono prevedere dei sistemi di contenimento dei danni (damage control). Distinguiamo una gestione dei danni attiva ed una passiva. Per quanto riguarda il controllo attivo si fa
riferimento a:
I sistemi appena descritti devono essere dimensionati prevedendo anche delle pompe ausiliarie di emergenza, poste in locali differenti dalle altre, e tutte accessibili dai membri dell’equipaggio per eventuali riparazioni.
Una volta colpita la nave, devono essere previsti eventuali interventi di riparazione dei sistemi compromessi. Le riparazioni a bordo di una nave da parte dei membri dell’equipaggio sono aspetti da tenere in considerazione nel senso più stretto della capacità di recupero (recoverability). Un personale altamente addestrato al damage control permette di riparare i danni con grande efficienza e in tempi brevi, assicurando alla nave il prosieguo della sua missione. Il team che si occupa della riparazione dei sistemi deve poi essere protetto attraverso l’uso di equipaggiamento di sicurezza adeguato ed efficiente.
Per quanto riguarda invece la gestione dei danni passiva distinguiamo:
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