Articolo a cura di Ernesto La Colla (account Instagram) – Affinché le navi militari non vengano scoperte dal nemico e siano in grado di schivare i colpi, si interviene nel senso della riduzione delle segnature e con sistemi di difesa attiva e passiva. Questi aspetti si ritrovano nel concetto di suscettibilità (susceptibility), parte integrante della capacità di sopravvivenza (survivability) della nave stessa.
Le navi militari sono una speciale categoria di nave che costituiscono uno strumento utile nelle mani dei singoli Stati per esercitare il proprio potere marittimo, tradotto nell’esercitare la propria volontà per la tutela dei suoi interessi in mare e della capacità di fare uso di questo, nonché nella difesa delle proprie attività, nel contrastare gli avversari e proteggere i confini (acque territoriali).
Tali navi, dunque, vengono pensate per operare in ambienti letali; esse possono subire:
Alla nave deve quindi essere garantita una certa capacità di sopravvivenza (survivability), con cui si intende la capacità della stessa di limitare/contrastare gli effetti di una minaccia subita. Questo concetto è funzione di:
La capacità di sopravvivenza è quindi un fattore vitale per le navi militari: essa permette la buona riuscita della missione e garantisce la sicurezza dell’equipaggio. Per cui, al fine di poter guidare il progettista verso un miglioramento in termini di survivability, questo argomento è stato inserito fortemente nei vari regolamenti tecnici.
Il livello di survivability richiesto, perciò, deve essere specificato in concomitanza ai requisiti operativi, per cui una analisi di ciò deve essere fatta già nelle fasi preliminari progettuali, sulla base di richieste in termini di attacchi (a cui può essere soggetta la nave) e risultati specifici di risposta del mezzo, a seguito di questi, definiti dal cliente (Stato Maggiore della Difesa). Negli anni, dunque, sono state sviluppate delle regole di base di progetto per poter migliorare la survivability.
Per evitare che la nave non venga scoperta dal nemico (agendo quindi nel senso della suscettibilità) si adottano tecniche progettuali per ridurre le segnature, cioè le capacità di riflettere le onde emesse da radar e sonar di scoperta dal nemico. Una volta scoperta però la nave può adottare sistemi di difesa passivi (creazione di falsi bersagli, detti decoys) e attivi (sistemi di difesa di punta – Air Point Defence – e sistema di difesa a distanza ravvicinata, Close in Weapon Systems). Nel caso della riduzione delle segnature le strategie di progetto adottate riguardano: segnatura radar RCS, segnatura infrarossa (IR), segnatura acustica e segnatura magnetica. La messa in pratica di queste tecniche porta quindi ad un aumento della difficoltà di scoperta della nave da parte del nemico.
I radar emettono onde elettromagnetiche verso un bersaglio per individuarne la sua posizione e questo le riflette così che i radar stessi possano studiarne i dati di ritorno attraverso apposite centrali di controllo (Command information center). I dati elaborati vengono poi inviati verso i sistemi d’arma (es. lancia missili) per colpire il bersaglio. Se considerata la nave come un possibile bersaglio che può essere colpita dal nemico, si definisce una superficie equivalente radar (SER), attraverso un’equivalenza tra un bersaglio effettivo ed uno teorico che riflette le onde elettromagnetiche in maniera isotropa.
In sostanza la nave costituisce un’area su cui si riflettono le onde elettromagnetiche del radar avversario. È necessario quindi diminuire il valore della SER, così da minimizzare la probabilità per cui le onde radar avversarie colpiscano la nave.
Per fare ciò alla nave si deve conferire una struttura più uniforme possibile, evitando discontinuità; si utilizzano poi materiali compositi per le sovrastrutture e coperture radome per le antenne radar, opachi alle onde avversarie e aventi trasparenza selettiva per quelle emessa dalla nave stessa.
In questo caso si tratta di ridurre la capacità della nave di riflettere onde di tipo infrarosse emesse dall’avversario; ciò si traduce nella riduzione della temperatura delle zone “calde” dello scafo. Tenendo conto che in tale ambito i sistemi nave adottano generalmente lunghezze d’onda tra 3-5μm e 8-14μm le zone dello scafo che appaiono più evidenti all’avversario nell’immagine IR sono diverse:
Nel primo caso dunque si utilizzano gli eduttori, cioè sistemi che constano di una riduzione della sezione all’uscita dei gas di scarico, così da aumentarne la velocità e diminuirne la temperatura di circa 200-250°C. Nel secondo caso invece si possono usare sistemi pre-wetting che circondano la nave con spruzzi di acqua di mare nebulizzata, tali da portare le zone calde dello scafo alla temperatura di questa circa ed inserire strutture isolanti in lana di vetro di circa 25mm alle murate dei locali maggiormente interessati.
Il rumore prodotto da navi militari sarebbe molto pericoloso, in quanto, attraverso l’utilizzo di sonar, le unità avversarie riuscirebbero facilmente ad individuare la sua posizione. Per avere un buon grado di occultamento, in questo caso, si adottano tecniche di riduzione del rumore a seconda dell’orgine di questo, che può essere:
Nel primo caso si inseriscono i macchinari all’interno di contenitori termoisolanti e fonoassorbenti, i quali, attraverso un sistema di resilienti o sospensioni elastiche poggiano su un basamento a livello dei rinforzi della nave (es. paramezzali).
Nel secondo caso si utilizza il sistema masker. Questo consta di cinture che passano al di sotto della chiglia della nave e si estendono poco al di sotto del galleggiamento. Sulle cinture vengono praticati dei fori verso cui viene aspirata aria (di solito spillata dal compressore della turbina a gas) per creare uno strato di bolle isolante attorno alla carena che attenua il rumore del flusso dell’acqua.
Nel caso di rumori di cavitazione vengono ricavati per fusione dei fori sulla faccia delle pale dell’elica verso cui si aspira aria che crea anche in questo caso uno strato isolante. Tale sistema è detto prairie.
La nave possiede un certo magnetismo che produce un campo magnetico. Questo potrebbe alterare il campo magnetico terrestre locale ad una mina depositata sul fondale dal nemico. Essendo le mine tarate su tale variazione di campo, al passaggio della nave si innescherebbe la detonazione e quindi l’esplosione della mina stessa. Perciò, alla fine della costruzione della nave, si circonda questa di cavi in cui scorre un certo valore di corrente, producendo un campo magnetico che annulla quella proprio della nave stessa (operazione di deperming).
Durante la costruzione della nave, invece, si inseriscono in essa impianti di smagnetizzazione (degaussing) che constano di cavi in cui scorre corrente continua, producendo l’effetto analogo delle operazioni di deperming. Questi cavi costituiscono delle “cinture” disposte nel piano longitudinale, trasversale ed orizzontale dell’unità.
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