L’ancoraggio è una delle operazioni più importanti e significative, la manovra vincola l’imbarcazione al fondo mediante un’ancora, rendendone sicuro lo stazionamento nonostante il vento, le correnti e lo stato del mare. Saper fare un buon ancoraggio ha sempre evitato numerosi naufragi e rimane uno dei capisaldi della sicurezza di chi naviga! Valutiamone vari aspetti.
Quali sono le forze in gioco durante un ancoraggio? La prima è sicuramente la barca, sottoposta alla forza del vento, delle onde e di eventuali correnti. La seconda è l’ancora, che deve esercitare sul fondo una forza uguale e contraria a quelle applicate sulla barca, vincolandone il movimento. Il calùmo è il collegamento tra barca e ancora, è una catena che assicura la trasmissione fra i due sistemi. L’ancora non è altro che l’estremità della linea di ancoraggio che parte dalla nave e termina alle marre dell’ancora.
Una corretta linea di ancoraggio è formata da ancora, catena e calùmo. La catena serve ad aumentare la tenuta dell’ancora che, grazie al peso, traziona orizzontalmente, l’altro scopo è di ammortizzare urti dovuti alle onde e al vento. La cima (ultima parte del calùmo) alleggerisce la prua portando meno peso a bordo, permettendo un ancoraggio più profondo. Solitamente per un ancoraggio sicuro la lunghezza della catena varia tra 5 e 7 volte la profondità.
Ogni tipo di ancora ha i suoi punti forti e i suoi limiti a seconda del tipo di fondale su cui ci si vuole ancorare (ricavabile dai portolani e dalle care nautiche), a seconda del dislocamento e della stazza, del bordo libero della barca ma anche e soprattutto delle condizioni meteo-marine. Ma quali sono i motivi per cui un’ancora impedisce alla barca di spostarsi? Principalmente sono due:
I modelli classici di ancore sono molto pesanti per svolgere con sicurezza la propria funzione, attualmente la progettazione delle nuove ancora cerca di far prevalere la parte dinamica, ma di conseguenza le rende meno efficienti sui fondali a scarsa tenuta. Per questo è bene avere a bordo ancore di tipo diverso, soprattutto nel caso di ancoraggi di emergenza, dove le condizioni al contorno non sono state preventivamente studiate.
I fondi marini possono essere considerati buoni tenitori: sabbia e fango denso a melma. Considerati medi tenitori: il fango molle che tende a cedere, la roccia con la quale si rischia di perdere o danneggiare l’ancora. Sono considerati cattivi tenitori: alghe, l’ancora tende a strapparle e perdere la presa, coralli si spezzano facilmente, ciotoli l’ancora tende a rimbalzare e non penetra facilmente.
Il sistema tradizionale e quello che ci permette di salpare più velocemente è l’ancoraggio alla ruota, cioè con una sola ancora, tale tipologia richiede molto spazio in quanto l’imbarcazione non resta ferma, ma gira secondo la spinta della marea o del vento secondo un raggio pari alla lunghezza della catena.
In caso di cattivo tempo l’ancoraggio appennellato è il più efficiente, poichè vengono posizionate due ancore alla stessa catena a una distanza di 4-6 metri (varia in base all’imbarcazione) l’una dall’altra, si ha una buona tenuta ma il campo di giro rimane circolare.
Se invece lo spazio disponibile è ristretto e si vuole ridurre il campo di giro, si ricorre all’ancoraggio afforcato: cioè con due ancore separate e disposte a 45° tra di loro in modo da bloccare parzialmente la rotazione attorno ad esse.
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