Ricordate il mare piatto di interminabili lezioni di Scienze alle scuole medie? Le lunghe spiegazioni sulle ovvietà della Natura che raramente venivano ravvivate da quei brevi momenti di partecipazione pratica, il laboratorio? In quel momento anche il fenomeno di separazione dell’acqua dall’olio ci sarà sembrato un avvenimento miracoloso, mai profondamente apprezzato come fino a quel momento. Ma d’altra parte l’esperimento era semplice, a posteriori quasi fine a sé stesso. Un po’ quello che succede all’unione del Mare Nord e del Mar Baltico.
Riempire un bicchiere d’acqua per metà, versare qualche millilitro d’olio con un’accortezza ligia, quasi succedesse improvvisamente qualcosa di magico e pericoloso, per cosa? Il risultato tutti lo conosciamo già, ed a posteriori sfido chiunque a trovare qualcuno che non stia pensando che sia solo una noiosa elementare banalità.
Avere un contenuto bicolore in un normalissimo bicchiere di vetro. Acqua sotto, olio sopra. Separati da un’ invisibile linea di confine che permette ad entrambi i liquidi di mantenere vivida la singolarità delle loro colorazioni e delle loro caratteristiche proprie. Ma si sa, a piccola scala, dentro un becher, è chiaro che l’entusiasmo prodotto dalla riuscita iniziale dell’esperimento durasse poco, giusto il tempo di arrivare svegli al suono della campanella.
Se però spostiamo lo sguardo dai pochi centimetri del diametro del contenitore di vetro alla vastità inibitrice del mare, l’occhio si perde e la meraviglia prende il sopravvento. Lo stupore ci entusiasma. Il pensiero, magari, di immergersi proprio dove avviene quella separazione che anni prima ci aveva momentaneamente risollevato dalla monotonia della voce dell’insegnante si insinua tra le possibili mete di un prossimo viaggio. Quindi ora, dopo aver ridestato una non modesta curiosità a riguardo, andiamo a conoscere meglio lo spettacolo naturale della barriera idraulica.
La prima cosa che salta all’occhio è, anche in questo caso, la chiara e netta distinzione di colorazione dei due specchi d’acqua. Quasi fossero anch’essi – come nel caso di acqua ed olio – due liquidi di composizione diversa, simili solo per un occhio poco curioso. Intuizione non del tutto sbagliata, se si scende nel dettaglio. Il colore, e quindi la netta diversità, è dettato non solo – come è noto – dalla composizione geologica del fondale, ma soprattutto dalla temperatura propria conferita dalle correnti, dalla densità e dalla salinità di ognuno.
Il Mare del Nord è un mare “vivo”, con una salinità che varia a seconda della zona tra il 15 ed il 35 per mille. E’ epicontinentale, convoglia in sè le acque di Oceano Atlantico, Canale Della Manica, Mare di Norvegia ed i fiumi che attraversano considerevole parte dell’Unione Europea. Era il mare ambito dai Romani e dai Vichinghi prima, dalla Lega Anseatica e dai Paesi Bassi poi. Ha un’indole ostica ed inquieta, teatro di piccoli tsunami e forti turbolenze che ne rendono innegabilmente difficile la navigazione.
Il motivo? Si trova sopra quello che è stato il punto di giunzione tra le placche tettoniche continentali nel primo periodo dell’Era Paleozoica, ed i movimenti delle faglie legati a questi fenomeni si fanno tutt’oggi ancora ben sentire.
Il Mar Baltico è un mare “protetto”. È tranquillo. È un mare interno dell’Oceano Atlantico, circondato da terra ferma (Europa centrale-orientale), isole (da parte danese), e dalla Penisola Scandinava. Il suo unico contro, quasi blasonatamente prevedibile, è l’inevitabile tendenza a ghiacciarsi durante l’inverno. Con una salinità molto contenuta tra lo 0,5% e l’1,5%, è circa 3/4 volte sotto il valore medio registrato dagli Oceani. Risulta d’obbligo, e molto semplice, calcolare che quindi è anche ben circa 100 volte meno salato del suddetto Mare del Nord, contro cui si incontra a Skagen, in Danimarca.
Questo salutarsi senza stringersi la mano che avviene al cospetto del suggestivo sfondo di Skagen, nello Jutland (penisola sabbiosa che costituisce la punta più estrema del Nord della Danimarca, di fronte alla lingua di terra di Grenen) assume dimensioni spettacolari. [VIDEO]
In realtà è solo un comportamento di facciata. Sotto la superficie, a decine di metri di profondità, un’unione c’è ed è anche di notevole importanza, perché permette ai due ecosistemi di sopravvivere. Il loro miscelarsi infatti consente alla fauna oceanica, e quindi alle specie che popolano i due mari, di abitarvi e riprodursi. Sarebbe infatti altrimenti impossibile alla fauna del Mar Baltico vivere alle temperature ed alle condizioni del Mare del Nord e viceversa.
Chiaramente, non essendo così rara di per sé la congiunzione geografica di due oceani o di due mari, è facile comprendere che accada anche più vicino a noi, in Italia. Esempi tangibili sono il Canale di Otranto, che segna il confine tra Ionio ed Adriatico, o nello Stretto di Messina tra Ionio e Tirreno. Ma a differenza di ciò che succede in Danimarca qui le acque si mescolano e non permettono di vivere ed assaporare le stesse sensazioni forti e gli effetti cromatici che la natura ci regala in Danimarca.
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