È in partenza la nuova centrale nucleare galleggiante russa. Dopo i disastri accaduti recentemente nell’ex unione sovietica, gli animalisti lanciano un nuovo allarme.
Sembrerebbe l’inizio di un nuovo periodo di forte “espansione” nucleare per la Russia, che si teme possa sfociare in una Chernobyl del nuovo millennio.
Come sempre noi di Close Up Engineering ci distinguiamo dagli editoriali di massa, per la nostra ricerca e precisione delle informazioni. Vogliamo quindi ribadirlo una seconda volta. La Akademik Lomonosov non è la prima centrale nucleare galleggiante.
La SS William Sturgis fu la prima nave ad alloggiare un reattore nucleare al fine di alimentare e riscaldare siti estremamente lontani e di difficile raggiungimento.
Nata nel 1961 dalla conversione di una delle famose Liberty ships (clicca qui per approfondire) venne utilizzata la prima volta per fornire elettricità al nascente canale di Panama, dal 1968 al 1975.
La nave, del costo di 17 milioni di dollari, era dotata di reattori PWR all’uranio arricchito capaci di generare 10 MW di corrente elettrica.
Venne poi smantellata dal 2014 al 2019 al seguito dei forti costi e dei problemi strutturali che accusava.
Con questo nome la Russia vara la sua prima centrale nucleare galleggiante. Pur considerando le critiche mosse da Greenpeace, il quale ha definito la nave una “Chernobyl galleggiante“, non possiamo non essere entusiasti di un siffatto ambizioso progetto. Analizziamone quindi gli aspetti principali, interessanti per noi appassionati di ingegneria navale.
Di interesse primario sono i reattori nucleari a bordo della Akademik Lomonosov. Si tratta di due reattori PWR KTL-40 quindi ad acqua pressurizzata. Con l’utilizzo di uranio arricchito al 30-40% o al 90%, sono capaci di generare l’uno 35MW di potenza elettrica o 171MW di potenza termica. Tale sistema, sembra, verrà utilizzato per rifornire l’area di Čukotka, importante sito di estrazione mineraria di oro e rame.
Iniziata la costruzione il 15 aprile 2007, dal costo di 232 Milioni di dollari è in tutto e per tutto una piccola centrale nucleare. Con le dimensioni di:
Costruita dalla Sevmash e dalla Baltic Shipyard, tutt’ora di proprietà della Rosatom (State Nuclear Energy Corporation) è stata completata ufficialmente il 4 luglio 2019
Come visto per la nostra famosa Portaerei Cavour, anche la Akademik Lomonosov possiede un nome del tutto particolare. Il nome è stato conferito in onore di Mikhail Vasilyevich Lomonosov (1711-1765), scienziato, matematico e scrittore russo. Ricordato per aver prodotto importanti studi inerenti all’atmosfera di Venere o alla conservazione della massa nelle reazioni chimiche. Oltre al lato scientifico, viene ricordato anche per le sue opere letterarie quali poesie, e per essere uno dei maggiori influenti della linguaggio letterario moderno russo.
La ROSATOM sembrerebbe voler creare il nuovo mercato delle centrali nucleari di piccola taglia. Dotata di numerosi possedimenti, soprattutto nelle remote zone artiche, sarebbe quindi l’ideale per alimentare stazioni petrolifere o siti minerari. Il suo primo incarico sarà quindi la fornitura di potenza elettrica a circa 5 mila utenti. La compagnia non esclude però la possibilità di poter lavorare anche in aree desertiche.
Come sempre il nucleare fa molta paura. Ricordiamo anche che la Russia non sembra molto trasparente in materia di nucleare, avendo sempre nascosto i propri fallimenti dall’attenzione internazionale (come successo per il sottomarino russo bruciato poche settimane fa). Ricordiamo anche come il disastro di Chernobyl sia ancora nitido nei ricordi e nella pelle di molte persone, causante ancora svariati problemi legati alla radioattività e ai fumi tossici trasportati dalle correnti.
Il rischio è proprio questo, spiega Greenpeace e Bellona Foundation. La nascita di una Chernobyl galleggiante, così viene definita dagli ambientalisti, andrebbe a minare ulteriormente ecosistemi precari del nostro pianeta.
Personalmente utilizzando un sistema noto a chi, in materia di sicurezza si intende, non posso che ragionare in termini di rischio/danno:
Secondo quanto affermato dalle società costruttrici della nave e dalla stessa ROSATOM, non ci sarebbe alcun rischio di potenziali fuoriuscite di materiale radioattivo. La nave dicono, sarebbe sicura al 100% e in grado di operare anche in condizioni di clima avverso.
Il danno sarebbe però incalcolabile visto il grave impatto che il materiale radioattivo ha sull’ecosistema e sullo stesso ambiente. Ragionare in termini di una nuova Chernobyl è quindi estremamente pericoloso per il nostro pianeta, ormai completamente stremato.
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