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Navi e mal di mare: le pinne stabilizzatrici

Oggi faremo un passo indietro nel tempo, per parlare di un sistema che ha rivoluzionato la tenuta ed il comfort di bordo: stiamo parlando delle pinne stabilizzatrici. Quanti di voi negli ultimi anni si saranno concessi una crociera? Od ancora, chi di voi ha imbarcato la macchina su un traghetto per raggiungere isole italiane e non, magari per una bella vacanza?

Ebbene sicuramente saprete che, sfortunatamente, il mare non è sempre “caraibico” come da cartolina, ma a causa di perturbazioni e correnti marine, a volte, mette a dura prova il morale di vacanzieri e le abilità di navigatori più o meno esperti.  

Nel 1889, Thornycroft e successivamente le Officine di costruzioni navali di Mitsubishi, brevettarono e sperimentarono un sistema di stabilizzazione per le navi che sfruttava la velocità stessa della nave, destinato a diventare un sistema tra i più utilizzati per assicurare una buona stabilità trasversale: stiamo parlando delle pinne stabilizzatrici, ed in particolare (in questo articolo) delle cosiddette “pinne orientabili”. Esse, attraverso opportuni alloggi praticati sull’opera viva dello scafo (parte immersa), vengono estratte quando il capitano lo reputa necessario (in caso di condizioni meteo marine avverse).

PH. WIkimedia Commons

Vi starete chiedendo come possano questi elementi, di dimensioni considerevolmente minori della superficie dello scafo, smorzare il rollio: ebbene, il principio di funzionamento, similmente al caso delle ali di un aeroplano, è basato sulle azioni idrodinamiche che si generano su una lastra piana (nel caso delle pinne, su un profilo alare), investita con un certo angolo di attacco da una corrente caratterizzata da una velocità V. Se le due pinne, a profilo simmetrico, hanno entrambe incidenza nulla rispetto alla velocità della corrente marina, esse si comportano come una qualsiasi appendice immersa in un fluido, generando solamente “resistenza” e non riportando alcun beneficio nei confronti della stabilizzazione del mezzo marino.

PH.digilander.libero.it/gap.umbertide.html

Nel momento in cui le pinne, attraverso sistemi oleodinamici (comandati da opportune postazioni in plancia ed il più delle volte gestite da sistemi automatici), vengono inclinate rispetto alla direzione del flusso d’acqua con angolo di incidenza discorde (cioè con l’una con bordo di entrata rivolto verso il basso, l’altra verso l’alto), saranno entrambe soggette ad una risultante F (forza idrodinamica), applicata nel centro di pressione del profilo della pinna. Le componenti di questo vettore risultante sono la resistenza R, di verso concorde a quello del flusso della corrente, e la portanza P, normale alla resistenza.

Quest’ultima, sarà proporzionale alla densità del fluido, alla cosiddetta “superficie portante” (superficie delle pinne) ed al quadrato della velocità della corrente. La coppia formata dalle due portanze, discordi in verso, genera un momento che andrà a contrastare quello dovuto al rollio (e che causa quindi l’inclinazione trasversale della nave).

E’ stato accertato inoltre, attraverso numerosi test, che la presenza di questo sistema orientabile, riduce notevolmente anche i moti di imbardata della nave (rotazione attorno all’asse verticale passante per il baricentro di un corpo), migliorando di conseguenza la stabilità di rotta e permettendo al timoniere di godersi la traversata durante il suo turno di lavoro.

Nel corso nei decenni chiaramente questi sistemi sono stati modificati ed ottimizzati, (pervenendo ad esempio ad una soluzione con presenza di flap).

Andrea Alfano

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