Il recente disastro, l’ennesimo avvenuto negli ultimi anni nelle acque del mar Mediterraneo, accende inesorabilmente i riflettori su tante tematiche di cui tutti noi abbiamo il dovere di occuparci. Non ultima quella relativa alla sicurezza in mare. Anche se la morte di centinaia di persone durante il ribaltamento del gommone avvenuto a Sud del Mare Nostrum è più legata ad aspetti politici e sociali che esulano da quelli puramente tecnici, è altresì vero che ogni volta che avviene un disastro in mare, di portata anche molto minore, si accendono dibattiti sulle norme, da introdurre o da migliorare, che possano garantire sempre di più la sicurezza in mare.
Nel 1912 il transatlantico Titanic, considerato inaffondabile, durante il suo viaggio inaugurale colpì un iceberg e affondò causando la morte di 1518 persone tra passeggeri ed equipaggio. Studi condotti negli anni successivi hanno dimostrato che quella nave era tutt’altro che affondabile: l’acciaio usato per lo scafo era di bassa qualità, così come i chiodi usati per tenere salde le lamiere (la saldatura era ancora troppo costosa e inaffidabile); l’insufficienza delle imbarcazioni di salvataggio; la tenuta troppo labile delle porte stagne che servono a mantenere la compartimentazione di sicurezza in caso di falla o di incendio; ed anche le dimensioni troppo ridotte del timone che ha impedito una manovra sufficientemente veloce da evitare l’impatto. In seguito al disastro, nel 1915, fu istituita la prima convenzione per la sicurezza in mare, la SOLAS (Safety Of Life At Sea), che oggi è una convenzione diventata legge per tutte le navi che battono bandiera di uno degli Stati aderenti l’IMO (International Maritime Organization), e che ad oggi è composta da 14 capitoli ognuno dei quali inerente ad aspetto diverso legato alla sicurezza in mare, dalla stabilità allo stato integro ed in falla, alla prevenzione degli incendi a bordo, passando per i sistemi di comunicazioni e la sicurezza del carico.
Nella seconda metà degli anni ’70 avvenne una serie di disastri ambientali legati a petroliere che causarono lo sversamento di centinaia di tonnellate di carburante in mare (tra questi la Amoco Cadiz incagliatosi a largo della Francia). Per far fronte a questa crisi ambientale fu firmata e successivamente approvata la MARPOL, Marine Pollution, convenzione internazione composta da 6 annessi che regola la prevenzione dall’inquinamento in mare. Qualche anno più tardi,a seguito dell’incidente della Exxon Valdez nel 1989 gli Stati Uniti (USA), ritenendo insufficienti le norme internazionali sulla prevenzione dell’inquinamento da parte delle navi, hanno adottato nel 1990 l’“Oil Pollution Act”. Questa legge ha imposto unilateralmente l’obbligo del doppio scafo (doppio fondo e doppio fianco)tanto per le petroliere nuove quanto per quelle esistenti. Nel 1992 anche l’IMO si è adeguata inserendo la legge nella Marpol.
L’evoluzione delle normative nel corso dei decenni è indirizzata sempre di più nella direzione della salvaguardia della vita in mare e della riduzione delle emissioni inquinanti e dell’inquinamento da idrocarburi, tenendo sempre presente, però, che la prevenzione più efficiente, al di là delle normative, si ha e si avrà sempre solo attraverso il rispetto della vita umana.
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